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Riciclo: sugli imballaggi Italia terza in Europa, ma la strada per la circolarità è ancora lunga

Presentato il Rapporto “L’Italia del riciclo 2019”.

Fluttero (FISE Unicircular): dobbiamo capire che economia circolare non è un altro modo di chiamare il riciclo, ma un diverso modello economico che deve coinvolgere tutti

Un sistema economico e produttivo “sostenibile” presuppone che il prelievo di materie prime dalla natura sia ridotto al minimo indispensabile. Per far questo da un lato serve una progettazione più ecologica che assicuri prodotti più duraturi e che richiedono meno risorse naturali per produrli. Dall’altro è necessario recuperare e riciclare il più possibile, e questo è vero a maggior ragione per un paese come l’Italia, povero di materie prime.

Su questo fronte alcune buone notizie arrivano dal decimo Rapporto “L’Italia del Riciclo”, promosso e realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e da FISE UNICIRCULAR, l’Unione delle Imprese Economia Circolare.
Secondo il rapporto l’Italia è al terzo posto in Europa per il riciclo degli imballaggi con un tasso di riciclo del 67%. Alcune filiere come carta, legno, plastica, vetro, alluminio e acciaio hanno già raggiunto, o quasi, gli obiettivi europei al 2025, che prevedono un tasso di riciclo del 65%, e quelli del 2030 (70%). Su altri settori, in particolare sulla raccolta dei RAEE (i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) e delle pile che molti cittadini ancora smaltiscono nell’indifferenziato.

Grazie al settore del riciclo ogni anno 12 milioni di tonnellate di materie prime seconde vengono restituite all’industria nazionale, anche se non sempre la qualità del prodotto consente di impiegarle come nuove materie prime, quanto come riempitivi o sottoprodotti.

È questo uno degli aspetti meno positivi che il rapporto mette in evidenza, assieme ad una carenza di impianti per il trattamento dei rifiuti che diventerà sempre più importante man mano che si recepiranno le direttive UE sull’economia circolare che impongono un’ulteriore accelerazione sul fronte del riciclo.

Come spiega il presidente di FISE Unicircular Andrea Fluttero intervenendo su Ecosistema, la trasmissione di Earth Day Italia in onda su Radio Vaticana Italia, non si tratta di fare meglio la raccolta differenziata, ma di passare ad un vero modello di economia circolare, ripensando tutti gli aspetti della catena di produzione e consumo.

 

La decima edizione di un rapporto è anche il momento per tracciare una linea e fare un bilancio. Dove eravamo dieci anni fa sul fronte del recupero dei rifiuti, dove siamo ora e dove si potrà andare?
Sicuramente in dieci anni siamo migliorati e il decimo rapporto registra l’evoluzione del sistema italiano del riciclo. Ci ha molto colpiti aver sommato la quantità di rifiuti e la quantità di materiale riciclato prodotti in dieci anni in Italia perché vengono fuori numeri davvero importanti.
In dieci anni, a fronte di un miliardo e 600 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti, e in questa cifra c’è il totale dei rifiuti urbani, che sono annualmente circa 30 milioni di tonnellate, e dei rifiuti speciali che sono 120-130 milioni di tonnellate ogni anno, abbiamo realizzato ben 800 milioni di tonnellate di riciclo.
Come aziende del settore del riciclo che noi come Unicircular rappresentiamo, abbiamo quindi evitato discariche e inceneritori e fornito alle aziende italiane tanta materia prima da riciclo.
Questo vuol dire che il sistema del riciclo è maturato ed è cresciuto in questi dieci anni. Ha però bisogno di essere utilizzato come base per fare un salto di qualità molto forte che è quello che ci propone il modello di economia circolare che ci chiede di lavorare non solo sul riciclo, ma su tutti gli anelli della filiera economica.
Dalle produzioni che devono diventare maggiormente riparabili e riciclabili, alla raccolta, quindi cittadini più consapevoli nel gestire i prodotti a fine vita, alla gestione dei municipi e dei comuni che devono gestire le loro isole ecologiche in maniera efficiente, al mondo del riciclo e al sistema che la politica dovrà costruire per garantire sbocchi a tutti i materiali riciclati.
È un cambiamento molto forte che coinvolge non più solo i riciclatori, come è stato fino a oggi, ma tutti gli attori della filiera economica e del consumo.

 

Quali sono gli aspetti che maggiormente vi inorgogliscono e quali invece gli elementi di difficoltà?
Colpisce il fatto che in gran parte del paese ci siano dei sistemi di raccolta efficienti e impianti a sufficienza mentre in altre parti del paese le amministrazioni non siano riuscite insieme ai cittadini, perché è sempre un lavoro che si fa assieme, a costruire dei sistemi di raccolta differenziata efficienti.
C’è inoltre una mancanza cronica di impianti per la gestione dei rifiuti raccolti in modo separato la cui necessità aumenterà ancora di più.
Parlando di rifiuti urbani, sui 30 milioni di tonnellate l’anno prodotti. oggi noi ricicliamo 13 milioni di tonnellate, ma gli obiettivi europei prevedono che entro il 2030 dovremmo riciclarne 19 milioni, quindi sono oltre 6 milioni di tonnellate in più da riciclare ogni anno.
È abbastanza evidente che occorre costruire tanti nuovi impianti, soprattutto nelle zone del paese che già oggi ne sono carenti.

 

12 milioni di tonnellate di materiale restituito all’industria nazionale. Questo materiale va a sostituire un’estrazione di nuove materie prime?
Assolutamente sì.
Si chiama tasso di circolarità, viene misurato a livello europeo e l’Italia è al 17% (17,1% al quinto posto in Europa dietro Olanda, Belgio, Francia e Regno Unito nda).
È un dato positivo, ma che ci fa pensare che dobbiamo fare meglio. Proprio perché paese povero in materie prime ci vantiamo di essere un paese con forti tradizioni nella capacità di riciclare e di recuperare materia ed essere battuti dall’Olanda e dalla Francia ci dà un po’ fastidio. È uno stimolo per cercare di fare meglio.

 

Cosa si può fare per migliorare il tasso di circolarità?
Il tasso di circolarità è il tasso di utilizzo nella produzione di nuovi beni di materie prime riciclate. C’è un problema di qualità delle materie prime riciclate e quindi delle raccolte differenziate: dobbiamo aumentare i quantitativi, ma anche aumentare la qualità perché una materia proviene da un riciclo di qualità può essere reimpiegata in prodotti di qualità, se è scadente può essere semplicemente utilizzata come riempitivo, come sottofondo per infrastrutture; è certamente meglio che buttarla in discarica o incenerirla, ma non è l’utilizzo migliore che se ne potrebbe fare.
Bisogna quindi lavorare sia sulla quantità del materiale riciclato che sulla qualità. Questo obiettivo tocca e coinvolge tutti gli anelli della catena perché bisogna che la produzione metta sul mercato prodotti più facilmente riciclabili e che il cittadino li raccolga in maniera consapevole e correttamente in modo che il materiale che arriva al riciclatore sia un materiale ottimale per ottenere un riciclo di alta qualità.

 

Cosa può fare il cittadino per migliorare la qualità delle materie prime seconde?
Il cittadino può aumentare la consapevolezza che quando si disfa di qualcosa che non gli serve più non è un rifiuto, ma un prodotto a fine vita.
Quindi se lo conferisce nel modo corretto compie un passaggio importante per fare in modo che quell’oggetto quel bene o quel contenitore arrivi al riciclatore nelle migliori condizioni possibili per essere utilizzato al meglio per produrre materia prima.

 

Cosa possono invece fare le istituzioni per dare ulteriore stimolo a tutto il percorso?
La politica ha scelto a livello europeo un sistema economico diverso da quello lineare che è quello circolare. Se ci crediamo fino in fondo il Parlamento e il Governo devono produrre regole semplici ed efficaci che disegnino un nuovo sistema economico.
L’impressione che abbiamo in questi primi 18 mesi dopo la pubblicazione del pacchetto di direttive europee sull’economia circolare è che la politica italiana non abbia ben compreso che non si sta parlando di un nuovo modo di chiamare il riciclo chiamandolo economia circolare, ma di un diverso modello economico che ha bisogno quindi di un grande impegno di normazione che coinvolga tutte le categorie, dai produttori, ai consumatori, alle pubbliche amministrazioni, ai riciclatori, al governo del mercato delle materie prime seconde.
È uno sforzo epocale, se si comprende questo si agisce di conseguenza, altrimenti il termine economia circolare farà la fine di tanti altri termini come plastic free, senza ogm, senza olio di palma o chilometri zero che sono spesso utilizzati più dal punto di vista del marketing che della effettiva concretezza delle azioni che ne discendono

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