Vivere green

Vecchie ferrovie: la strada per un turismo sostenibile

Il primo marzo sarà la Giornata delle Ferrovie Dimenticate: percorsi nel paesaggio e nella storia italiana da recuperare nell’ottica di un turismo lento e sostenibile. A marzo e aprile si susseguiranno eventi e manifestazioni del “Mese della Mobilità Dolce”: escursioni a piedi, in bicicletta, in barca e a cavallo nella natura e attraverso i borghi antichi.

Domenica 1 marzo si celebrerà la 13a Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate. In tutte le regioni italiane, decine di associazioni locali promuoveranno e guideranno percorsi a piedi, in bicicletta, a cavallo, oppure su vecchi treni riattivati per l’occasione. Lo scopo è recuperare questo mezzo di trasporto e proporlo come soluzione per una mobilità e un turismo più sostenibili. Molte antiche ferrovie, dismesse nei decenni scorsi, sono infatti prese in cura da associazioni, gruppi e comitati di volontari, e rappresentano un ricco patrimonio storico e culturale del paese. Marzo, inoltre, sarà il “Mese della Mobilità Dolce”, e le iniziative, elencate sul sito mobilitàdolce.org, continueranno fino al 30 aprile. “Ecosistema”, il programma settimanale di Earth Day Italia trasmesso da Radio Vaticana, ne ha parlato con Debora Sanna, responsabile Grandi Eventi di Co.Mo.Do. Cooperazione per la Mobilità Dolce.

Che cosa sono le ferrovie dimenticate, e perché le abbiamo dimenticate?

Sono dimenticate perché, col tempo, hanno perso di importanza. Queste linee sono state tagliate negli anni ’80; definite dai governi di allora dei “rami secchi”, con la complicità del gruppo delle Ferrovie dello Stato. È un patrimonio cospicuo, capillare, unico e prezioso. È una vera follia avere tagliato tutte queste ferrovie, specialmente quelle minori: quasi sette mila chilometri, in Italia.

Dove sono? immaginiamo luoghi remoti: montagne e valli non più abitate. È così, o sono anche più vicini alle città?

Le più belle sono quelle lungo gli appennini, nel centro sud. Ma in tutta Italia, dal Piemonte alla Sicilia hanno tagliato luoghi e paesi, isolando paesaggi. La Giornata nel corso di questi anni ha accumulato anche tristi sorprese: ferrovie dismesse, abbandoni… insomma attacchi al patrimonio storico-ferroviario. Le più belle: dalla Noto-Pachino in Sicilia, alla Spoleto-Norcia in Umbria, dalle ferrovie della Val Brembana, alla Faentina, alla Sulmona-Carpinone. Però, dopo l’impulso di Co.Mo.Do, che insiste da tredici anni (con la Giornata delle Ferrovie Dimenticate, nda.), nel 2017 abbiamo avuto una legge per dare uno strumento normativo che disciplina e favorisce il recupero dei vecchi tracciati ferroviari. È già stato individuato un gruppo di diciotto linee per viaggi turistici a bordo di convogli d’epoca.

Chi effettua questo recupero? Chi cura i viaggi di questo “nuovo turismo”?

Il turismo ferroviario non è nuovo, per lo meno in Europa. In Spagna hanno già recuperato le ferrovie dismesse, come in Belgio e negli Stati Uniti. In Italia, del recupero di questi che sono stati definiti “binari senza tempo” si occupano i proprietari dei sedimi (le infrastrutture, nda.): Trenitalia, il gruppo Ferrovie dello Stato, e RFI la Rete Ferroviaria. Una bella opera la sta facendo la Fondazione FS: ha recuperato delle linee storiche, dei convogli, anche delle carrozze; e fa delle bellissime iniziative durante il week end in quasi tutta Italia. Ha recuperato il museo di Campo Marzio a Trieste, e quello di Pietrarsa (a Napoli, nda.). La Fondazione FS sta facendo veramente un’opera meritoria.

Questa giornata si inserisce tra le iniziative del “Mese della Mobilità Dolce”, che poi continueranno anche ad aprile. Possiamo dare una definizione di mobilità dolce? Ovviamente si intende “non pesante”, quindi non con aerei e automobili; ma quali sono i mezzi di trasporto che rientrano in questa categoria?

Co.Mo.Do organizza questo “Mese della Mobilità Dolce” per dilatare i tempi e dare a tutti più possibilità di partecipare; in quanto il primo marzo, data in cui generalmente si svolge la giornata, su alcuni tracciati ferroviari c’è ancora neve, e quindi si rischia di annullare gli eventi. Quindi questa giornata “è lunga” un mese. Quest’anno poi la dilatiamo sino al 30 aprile perché il 25 aprile ci sarà un bellissimo evento: la discesa internazionale del Tevere, che si farà proprio in mobilità dolce: a piedi, o utilizzando biciclette, cavalli e canoe.

La mobilità dolce è quella non motorizzata e, per propria natura, possiede il massimo dei requisiti di sostenibilità, favorendo lo sviluppo di nuove forme di turismo che fanno riscoprire le risorse naturalistiche e storico-culturali presenti sul territorio. Quindi queste infrastrutture per il movimento (le ferrovie, nda.) oltre a costituire [parte del] paesaggio, possono essere preziose, o addirittura insostituibili, per la fruizione di quel paesaggio. Co.Mo.Do. dal 2006 promuove la mobilità dolce nel Mediterraneo mettendo in rete tutte le associazioni nazionali e regionali che operano nel campo della mobilità dolce, del turismo sportivo, escursionistico, velico, lacuale, equestre. Noi non ci muoviamo utilizzando le auto, ma soltanto il motore silenzioso delle nostre gambe. Una mobilità “dolce” perché non “violenta”: cioè gentile verso il paesaggio e verso gli altri.

Non abbiamo nominato un altro mezzo molto importante. Nelle vostre locandine c’è anche l’immagine del disabile sulla sedia a rotelle. Quanto è importante la rete infrastrutturale che voi promuovete per far accedere i disabili a questo tipo di turismo, e al turismo in generale? A che punto siamo in Italia?

I nostri “amici con bisogni speciali”, come dovrebbero essere definiti – non solo le persone che non camminano, ma anche gli anziani, i bambini, e tutti quelli con mobilità ridotta – devono poter godere delle vacanze e del turismo, come chi ha possibilità di camminare senza problemi. Quindi noi stiamo facendo dei progetti di accessibilità. Un caso di successo può essere la Spoleto-Norcia: una greenway recuperata da un ex sedime dismesso nel 1966. Il bello di questa ferrovia è che, oltre a fare mobilità dolce a cavallo, a piedi e in bicicletta, c’è anche il fiume che corre adiacente, su si fa rafting anche con le persone con dei bisogni speciali. Con la nostra progettualità cerchiamo sempre di fare lobbying, [promuovere] questa sensibilità, affinché queste persone possano godere della mobilità dolce. Ci sta molto a cuore l’accessibilità dei luoghi di vacanza che, tra l’altro, è anche un fattore economico che muove molti flussi: perché la persona con bisogno speciale si fa sempre accompagnare. Quindi agevolare le vacanze di queste persone è anche un business per i territori e gli operatori.

Co.Mo.Do riunisce rappresentanze di associazioni di vario tipo: gli sportivi, gli escursionisti a piedi e a cavallo, i cicloturisti, gli sportivi in bicicletta. C’è sempre identità di vedute sull’accesso ai luoghi? Non ci sono mai situazioni di contrasto? Penso ai sentieri montani o ai boschi, dove gli spazi sono ristretti. Riuscite a tenere sempre in equilibrio le esigenze di tutti?

Co.Mo.Do. trova difficoltà innanzitutto far capire ai “trasportisti” che noi non siamo contro il ritorno del treno perché vogliamo la greenway su ferrovia dismessa. Se la greenway non è più “armata”, [cioè] dove è impossibile l’esercizio ordinario del treno, il binario non va abbandonato al degrado, “mangiato” dalla vegetazione. Quindi cerchiamo in tutti i modi di fare pressione sulle regioni perché investano e ne facciano piste ciclabili. Ci sono delle ciclabili bellissime. Una delle più belle è in Liguria: la Ospedaletti-Sanremo; ma posso citare altre come le ferrovie della Val Brembana (provincia di Bergamo, nda.), e quelle sulla Costa dei Trabocchi (litorale adriatico della provincia di Chieti, nda.). Quando invece c’è il treno, ovviamente si deve far sì che ritorni in esercizio ordinario e turistico.
Nei boschi, durante le passeggiate, c’è grande civiltà fra tutti. Il pellegrino, il camminatore, è un uomo gentile: una persona che accetta il ciclista. Certamente non il ciclista che scende “sparato” in mountain bike; però c’è una felice convivenza fra tutte le nostre utenze. È proprio una multi-utenza armonica. La pista ciclabile si presta molto; perché ognuno ha il proprio spazio e tutti convivono felicemente.

Come si può informare chi è interessato a partecipare a tutti questi eventi? Può dare qualche appuntamento particolarmente evocativo e interessante?

Tutti quelli che vogliono partecipare alla Giornata delle Ferrovie Dimenticate possono andare sul portale www.mobilitadolce.org. C’è una pagina con le icone delle regioni; cliccando ogni regione ci sono gli eventi a piedi, in bicicletta e in treno. Il calendario è in divenire, perché sino al 25 aprile sarà possibile inserire propri eventi ed escursioni. Sono tutte associazioni locali, ciclo-turistiche o trasportistiche; comunque associazioni outdoor. Si apre – mi piace ricordarlo – in Sardegna con il Trenino Verde, che ha sempre tanta difficoltà a partire. Quest’anno c’è un bellissimo “Trenino nel borgo e nella storia” sulla tratta Mandas-Laconi; ma il Trenino Verde della Sardegna partirà per tutto il mese. In Sicilia c’è il “Treno del mandorlo in fiore”, bellissima iniziativa a cura di TrenoDoc. Ci sono tante ciclo pedalate sulle ferrovie dismesse in Piemonte: possiamo ricordare quella in Val Sesia, e quella della FIAB. In Lombardia c’è la ferrovia della Valmorea; quella della Valle Olona; la Voghera-Varzi, che era stata soppressa e adesso è diventata una pista ciclopedonale. Nelle Marche c’è la Fermo-Amandola: fa parte del progetto della Porto San Giorgio – Fermo – Amandola, che dovrebbe congiungersi con la Spoleto-Norcia. Questo è un progetto al vaglio del Ministero dei Trasporti per cui aspettiamo risposta: [porterebbe] dai monti al mare, dai Monti Sibillini all’Adriatico.

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