Società

Poco “ambiente” a Sanremo, ma la musica può essere sostenibile

Come e quanto l’industria della musica impatta sull’ambiente? Come possono artisti, impresari, discografici e utenti diminuire l’impronta ecologica di concerti, dischi e ascolto delle canzoni?

Il contributo del Festival di Sanremo alla causa dell’ambiente quest’anno è limitato a impianti e arredi del Teatro Ariston: il “green carpet” realizzato in vera erba; decorazioni vegetali varie con piante mediterranee; e un dispiegamento di pannelli solari ad alimentare gli uffici amministrativi. Nonostante qualche titolo potesse ricordare con un po’ di fantasia qualche battaglia verde – ad esempio “Mare di guai”, “Polvere”, “Cause Perse”… – nessuna canzone in gara affronta alcun tema ambientalista.

Ne abbiamo parlato anche nell’appuntamento settimanale di “Ecosistema“, la rubrica di Earth Day Italia sulle Frequenze di Radio Vaticana Italia. Qui di seguito il podcast.

Si potrebbe pensare che, finita l’era delle canzoni vendute su plastica (vinili, musicassette e cd) e iniziata quella dello streaming, l’ambiente ne avrebbe giovato. Qualche anno fa però, una ricerca congiunta tra le università di Glasgow e Oslo ha chiarito le cose. Analizzando il mercato esemplare degli Stati Uniti, lo studio ha calcolato la produzione di plastica per i vinili in 58 milioni di chilogrammi nel 1977: l’anno che segnò l’apice commerciale del vinile. Poco cambiò durante l’epoca delle musicassette, 56 milioni di chili nel 1988, e dei compact disk, 61 milioni nel 2000. Il passaggio al digitale fece crollare il conto a “soli” 8 milioni di kg nel 2016. Ma se è vero che la plastica dei supporti musicali, col suo lunghissimo tempo di permanenza, ha un ruolo importante nell’inquinamento di discariche, terreni in generale e soprattutto del mare; dowload e streaming di musica digitale inquinano in un altro modo… e molto di più. L’archiviazione e l’elaborazione di musica online utilizza un’enorme quantità di energia. La ricerca ha tradotto la produzione di plastica per i vecchi supporti e la generazione di energia elettrica, necessaria per l’archiviazione e la trasmissione di file audio digitali, in chilogrammi equivalenti di gas serra (GHG). Il risultato è che nel ’77 negli USA la musica ha causato 140 milioni di chilogrammi di GHG; 136 milioni nel 1988; 157 milioni nel 2000. L’era digitale ha aumentato questo impatto a un livello stimato tra i 200 e i 350 milioni di chilogrammi. Inoltre bisogna tener conto che dal 2016 la fruizione di musica online è aumentata di molto: alcuni stimano di almeno cinque volte; e la pandemia ha accelerato il fenomeno grazie al salto tecnologico che ha riguardato il mondo della musica come, in generale, tutto il mondo dell’intrattenimento online.

Il problema del consumo energetico del web del resto non riguarda soltanto l’intrattenimento. È noto che internet è responsabile del 4% delle emissioni totali di CO2, e che una ricerca online (magari per trovare la canzone da ascoltare) genera 5 grammi di CO2. Uno studio dell’università Ca’ Foscari ha stabilito che guardare due ore di un qualunque video ad alta risoluzione, che sia un film, un match sportivo, una lezione o una serie di videoclip, costa in energia l’equivalente di un viaggio in auto di 45 minuti.

Come comportarsi dunque per impattare il meno possibile? A livello individuale preferendo il download allo streaming per ascoltare brani e album o guardare i video. Il motivo è far lavorare di meno i server remoti e i data center dove risiedono i file musicali: strutture molto complesse ed energivore, responsabili dell’1-1,5% del consumo elettrico globale. Il download fa viaggiare i file una volta sola verso i nostri dispositivi personali, le memorie di smartphone e computer, rendendo i successivi ascolti molto meno dispendiosi dal punto di vista energetico.

In tema di festival e grandi eventi, anche gli imprenditori e gli organizzatori possono fare la loro parte per la conversione ecologica dell’industria musicale. Ad esempio ripensare i grandi tour limitando i viaggi aerei e preferendo i treni; oppure togliendo dalle strade le carovane di tir che portano attrezzature e scenografie da una città all’altra, magari reperendo di volta in volta sul posto le attrezzature necessarie. Il cambiamento più impattante però sarebbe scegliere le “location” giuste: stadi, teatri e locali efficienti dal punto di vista del consumo energetico, e il più possibile isolati dai dintorni per eliminare l’inquinamento acustico e luminoso. Assolutamente d’obbligo poi evitare concerti ed eventi di massa all’interno o nei pressi di riserve, parchi, oasi, spiagge, praterie montane e altri luoghi naturali, per non incidere sul fragile equilibrio degli ecosistemi.

Anche gli artisti hanno una grande opportunità ( e responsabilità): sensibilizzare i loro fan; cantare i grandi temi della difesa dell’ambiente; essere d’esempio contro sprechi e comportamenti anti ecologici; aggiungere ai loro messaggi artistici anche quello della sostenibilità, soprattutto con l’esempio delle buone pratiche e sfruttando la potenza comunicativa dei social. In questo bene hanno fatto nel recente passato due protagonisti di Sanremo. Le tappe del tour 2022 di Elisa, appoggiato da Legambiente, erano accompagnate da un Green Village dove si poteva pedalare per generare energia elettrica e contribuire a una piantumazione di alberiMarco Mengoni nel 2021 ha pubblicato il suo album “Materia (Terra)” in una confezione plastic free, ha minimizzato l’impatto ecologico del suo tour e ne ha compensato le emissioni di CO2.

Palchi, piste, discoteche, stadi e altri templi della musica possono essere dotati di luci a basso consumo, impianti di riscaldamento e raffrescamento efficienti, arredi certificati come sostenibili (riciclati o riciclabili); ma soprattutto possono essere alimentati di energia in seguito a contratti con forniture da fonti rinnovabili, che evitino le fonti fossili.

Ogni evento, dal tour internazionale alla sagra di paese, dall’evento nello stadio alla serata in discoteca può metter in campo delle misure che avranno un peso decisivo in quella corsa all’azzeramento delle emissioni nette di CO2 che tutta l’umanità ha intrapreso in questo secolo. Ad esempio organizzando una corretta e capillare raccolta differenziata dei rifiuti durante gli eventi; accordandosi con un banco alimentare per donare e non sprecare il cibo avanzato; distribuendo l’acqua a ospiti, clienti e artisti tramite dispenser, e non in bottigliette di plastica usa e getta; utilizzando materiale biodegradabile o riutilizzabile per biglietti, gadget, materiali promozionali; promuovendo l’uso di mezzi di trasporto pubblici, a zero emissioni o la mobilità condivisa per raggiungere l’evento; proponendo ai partecipanti e agli artisti cibi e bevande biologici, stagionali e a km zero.

Non sarà facile conciliare le necessità della sostenibilità con un mondo dello spettacolo che vive di eccessi e pomposità, che letteralmente prospera alzando i toni e le luci della ribalta; ma la musica è parte fondamentale della nostra vita e della nostra cultura, ed anche questo settore della società deve fare la sua parte per centrare gli obiettivi globali di contrasto all’inquinamento e ai cambiamenti climatici.

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