Innovazione

Imballaggi e packaging del cibo: la sfida della sostenibilità

Le pellicole e gli imballaggi che proteggono il cibo e lo mostrano sugli scaffali sono tra i prodotti più difficili e costosi da rendere sostenibili e riciclabili. Intervista a Gianfranco Del Percio, AD di Flex Packaging.

Le pellicole plastiche che proteggono il cibo hanno permesso un salto in avanti nella sicurezza degli imballaggi alimentari, per la conservazione delle condizioni ottimali in termini di protezione dai patogeni e mantenimento delle temperature; permettendo trasporti a lungo raggio e permanenze sugli scaffali dei negozi prolungate rispetto al passato. Purtroppo però la tecnologia delle pellicole sintetiche ha raggiunto un tale grado di sofisticazione da generare imballaggi multimateriale e multistrato che rendono il riciclo dei materiali molto difficoltoso, se non impossibile nella maggior parte dei casi.

Negli ultimi anni però la ricerca nel campo dei nuovi materiali permette di indirizzare anche questo settore verso quelle soluzioni di sostenibilità, necessarie alla salvaguardia ambientale e alle esigenze di circolarità dell’uso e riciclo dei materiali. L’ostacolo maggiore a questa transizione è però ancora il costo di produzione di soluzioni alternative, come ha spiegato in sintesi Gianfranco Del Percio, Amministratore Delegato di Flex Packaging, durante il suo intervento nel panel “Italia Circolare” al Festival dell’Innovability “Impatta Disrupt” qui di seguito riportato (minuto: 17’58”).

 

A margine dell’evento abbiamo avuto l’opportunità di approfondire alcuni aspetti della questione nell’intervista che Gianfranco del Percio ci ha rilasciato e che riportiamo qui di seguito.

Del Percio, una delle sfide dell’innovazione è quella del packaging. Dove sta andando questo settore?

Il packaging sta diventando sempre più strategico nella nostra quotidianità. Un imballaggio ha un ruolo molto importante nella conservazione del cibo, nel mantenere nel tempo la sua sicurezza alimentare, e inoltre [dà] anche la possibilità di avere delle monoporzioni, sprecando meno spreco di cibo. Fino ad oggi l’imballaggio era strutturato in  modo piuttosto complesso per ottenere determinate caratteristiche. Adesso, nell’ottica dell’eco-sostenibilità, stiamo lavorando da una parte riducendo gli spessori, dall’altra rendendo gli imballaggi in monostruttura. La monostruttura favorisce il recupero post-consumo in modo più semplice, per dare nuova vita al materiale originario. Un prodotto che quindi viene recuperato e può ridiventare materia prima di base per “cambiare vestito” ed essere reimmesso nel ciclo di consumo.

Parlando di materiali: la ricerca – istituzionale, scientifica, universitaria – sta venendo incontro a questa esigenza delle aziende di trovare i materiali più “semplici”?

Devo dire di sì. La nostra azienda, Flex Packaging, già da 30 anni ha rapporti di collaborazione con l’Università Federico II di Napoli. Rapporti strutturati in modo continuativo; tanto è vero che abbiamo fatto un progetto estremamente ambizioso – anche con l’Università di Parma e il CNR – per un investimento di 30 milioni complessivi (17 per gli impianti e il resto in ricerca) in cui Flex è capofila, per la ricerca di nuovi materiali e nuove applicazioni per ridurre l’impatto ambientale del packaging; destrutturando in modo più semplice le strutture che fino a ieri erano abitualmente in uso. Il progetto non cambia le caratteristiche che l’imballaggio conferisce alla conservazione del food in generale: quindi una vita più lunga e un prodotto igienicamente sicuro, protetto nelle sue movimentazioni. Il packaging sullo scaffale così diventa ancor di più un messaggio importante per le aziende che producono materiali così integrati nella nostra quotidianità.

Questo è un aspetto importante. Immagino che per le aziende di produzione e distribuzione questo rappresenti al momento un costo maggiore rispetto al passato. Però, da un’altra parte, c’è un ritorno reputazionale legato alla sostenibilità.

Ecosostenibili sicuramente sì, ma c’è comunque un prezzo molto importante da pagare, sia in termini di impianti, sia di costi maggiori che poi inevitabilmente si riflettono sul cittadino. Bisogna sostenere l’industria nel potersi trasformare e innovare. Dall’altra parte bisogna sostenere anche le famiglie affinché possano avere accesso all’acquisto di prodotti che per la eco-sostenibilità dei materiali hanno un prezzo inevitabilmente diverso da quelli abituali.

Articoli collegati

E-Car? Si può fare!

Tiziana Tuccillo

Transizione digitale per il futuro delle imprese italiane

Giuliano Giulianini

Innovazione, finanza e competenze per una transizione ecologica

Redazione