Foto Pawel Grzegorz da Pixabay
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Ecosistema Pianeta

Dalle Hawaii all’Amazzonia, la lezione dei nativi per un futuro sostenibile

“Ecosistema” racconta le attività delle associazioni Amazonas e Kanu Hawaii

Nella puntata del 18 gennaio, “Ecosistema” la rubrica settimanale di Earth Day Italia ospitata da Radio Vaticana, si è occupata di sviluppo sostenibile, minacce all’ambiente, integrazione tra culture originarie ed economie moderne in due angoli di pianeta particolarmente affascinanti dal punto di vista naturalistico: l’arcipelago della Hawaii e la regione amazzonica.

Questi due territori sono accomunati dal forte legame tra cultura e ambiente che mantengono i rispettivi popoli nativi, nonostante secoli di colonizzazione e aggressione alle risorse naturali. In misura diversa e per motivi diversi, entrambi i territori hanno conosciuto la drastica diminuzione di biodiversità; il tentativo di cancellare l’identità locale a favore di un’omologazione a culture predominanti e giunte da lontano; vessazioni e minacce all’incolumità (fino alle estreme conseguenze, nel caso di molti leader amazzonici) a chi tentava di opporsi al progresso sfrenato e all’economia predatoria.

Le Hawaii sono uno dei cinquanta stati di una nazione moderna, che in buona parte tutela (oggi) le minoranze, le tradizioni e le culture locali. Ma è innegabile che il turismo di massa, il progresso e l’immigrazione di “continentali”, abbiano snaturato l’identità ancestrale degli isolani e messo in pericolo l’equilibrio degli ecosistemi naturali.

In queste settimane l’associazione Kanu Hawaii – parte del network internazionale dell’Earth Day, ha lanciato la campagna “Pledge to our Keiki”, che si può tradurre con “Impégnati per i nostri bambini”. L’associazione promuove nell’arcipelago il volontariato ambientale e l’educazione alla sostenibilità, diretta soprattutto ai bambini in età scolare. Allo stesso tempo, rivolgendosi a turisti, residenti delle Hawaii, e in generale a chiunque abbia a cuore il futuro delle comunità originarie di quelle isole, Kanu Hawaii sottolinea come questo dipenda molto dai milioni di persone che lo visiteranno nei prossimi anni. Perciò è stato redatto un appello che impegna chiunque voglia diffondere il messaggio (ad esempio via social) a evitare pratiche contrarie alla biodiversità e alla tutela delle tradizioni. Ad esempio, si chiede di fare attenzione durante le escursioni in natura, per non sottrarre o introdurre specie vegetali o animali nelle aree naturali; non portar via senza permesso oggetti che appartengono alla comunità; non partecipare alle cerimonie e alle pratiche sacre dei nativi con supponenza o condiscendenza, ma con rispetto e “cuore aperto”; lasciare quei luoghi più puliti di come si sono trovati. Si parla insomma di turismo responsabile, che rispetti la natura e la cultura dei luoghi, avvicinando le comunità locali con l’umiltà e la curiosità di chi viaggia per conoscere.

Il turismo etico può essere anche una chiave per arrestare e invertire la tendenza della predazione della foresta amazzonica. Secondo il WWF negli ultimi 30 anni la foresta tropicale è diminuita di 12.000kmq all’anno (poco meno dell’intera Regione Campania) e secondo alcune stime un quinto della sua estensione naturale è già andato perso per sempre. L’Amazzonia si trova per il 60% in Brasile, ma si estende anche oltre i confini di altri otto stati del Sudamerica. Secondo le stime assorbe da 150 a 200 miliardi di tonnellate di CO2. Insieme alle altre foreste pluviali della Terra fornisce circa un quinto dell’acqua dolce del pianeta. Il Rio della Amazzoni, trasporta in un giorno più di tutto il volume d’acqua  movimentato dal Tamigi in un anno. Purtroppo, secondo l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, dal 2019 al 2022 le medie annuali di deforestazione sono aumentate del 75% rispetto al decennio precedente. Il nuovo governo brasiliano ha annunciato un cambio di tendenza. Un segnale positivo è che la COP sui cambiamenti climatici dell’Onu del 2025 si terrà a Belèm, capitale dello stato del Parà e una delle porte dell’Amazzonia.

Emanuela Evangelista
Emanuela Evangelista

Dal “centro” della foresta arriva invece la storia che abbiamo raccontato in radio l’esperienza di vita di Emanuela Evangelista. Biologa, membro di una commissione dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, presidente e fondatrice di Amazônia Onlus; Evangelista vive da vent’anni in una minuscola comunità nel folto della Foresta, occupandosi di progetti di sviluppo sostenibile, difesa dei diritti alla salute e all’educazione dei locali e tutela dell’identità culturale tradizionale. L’Amazzonia infatti non è solo un’emergenza ambientale, ma anche uno delle linee di fronte in cui il mondo ricco e sviluppato si confronta con una numerosa popolazione che lotta ogni giorno per la sussistenza“La maggior parte della popolazione Amazzonica vive in condizioni di bisogno – scrive Evangelista nel libro Amazzonia, una vita nel cuore della foresta” qui recensito – la metà vive sotto la soglia della povertà, ha problemi di sicurezza alimentare e non ha accesso ad acqua di qualità, non ha servizi igienici o strutture sanitarie adeguate. Dove lo stato è assente sono le chiese e le organizzazioni non governative a farne le veci.”

Che fare dunque per non limitarsi ad essere “ambientalisti da scrivania”, come sono definiti nel libro coloro che pensano di avere soluzioni in tasca senza conoscere la realtà? Innanzitutto informarsi; poi ascoltare le esigenze delle comunità locali per evitare di fare ulteriori danni (come traspare dall’appello di Kanu Hawaii) e concordare le soluzioni migliori. Nel caso dell’Amazzonia l’impegno comincia dalle scelte individuali: ad esempio investendo il proprio denaro in strumenti di finanza etica che non sovvenzionano la deforestazione, l’industria mineraria e l’agricoltura industriale; mangiando meno carne, per contribuire a ridurre le coltivazioni di quella soia che, in gran parte, finisce nei mangimi animali; non acquistando oro di dubbia provenienza, per non favorire le miniere clandestine che devastano l’ambiente in diversi paesi; facendo “turismo etico”, soprattutto dove coesistono società in via di sviluppo e popoli originari.

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