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Agricoltura e ambiente: conflitti, soluzioni e il “caso” Roma

Agricoltura e allevamenti intensivi minacciano la biodiversità e contribuiscono in gran parte alle emissioni di gas serra. “Ecosistema” affronta l’argomento promuovendo soluzioni sostenibili e approfondendo con Maurizio Gubbiotti (ex presidente di Roma Natura) l’esempio di Roma, comune più agricolo d’Europa.

Uno studio pubblicato da “Nature Food”, stima che poco più di un terzo delle emissioni di gas serra causate dall’umanità sono generate dalla produzione di cibo. Di queste un terzo dalle coltivazioni di vegetali; e ben oltre la metà dall’allevamento, per lo più intensivo, di animali.

Un rapporto del WWF calcola che un quinto delle terre emerse del mondo è destinato a pascolo e il 40% di tutti i campi coltivati producono mangimi per gli animali che alleviamo. La produzione e il consumo eccessivo di carne sono quindi tra i principali problemi ecologici del nostro tempo. Lo stesso rapporto dice che ogni essere umano del pianeta oggi consuma in media circa 35kg di carne all’anno: cinque volte di più rispetto agli anni ’60. Nei paesi ricchi ovviamente se ne consuma di più: in Italia 80kg a testa, il quadruplo rispetto agli anni del boom economico.

Per dare un’idea di come abbiamo cambiato gli equilibri naturali basti pensare che di tutti i mammiferi presenti adesso sul pianeta, il 96% sono esseri umani o animali allevati da noi. Nel restante 4% sono compresi elefanti, leoni, scimmie, balene e tutti gli altri mammiferi grandi o piccoli che sopravvivono allo stato selvatico. Per gli uccelli: il 30% soltanto vola libero per il mondo; il 70% è pollame allevato per l’alimentazione umana.

Passando all’Italia, secondo uno studio dell’ISPRA l’agricoltura è responsabile del 7% delle emissioni nazionali di gas ad effetto serra. Di queste quasi un terzo sono dovute ai trattamenti dei suoli agricoli, ma la parte maggiore (quasi la metà delle emissioni totali) dalla “fermentazione enterica” (cioè dalla digestione) degli animali allevati: prime tra tutte le mucche da latte, ma anche suini, ovini, caprini e altri animali da fattoria.

Per impattare meno sull’ambiente l’ISPRA suggerisce agli allevatori di sostituire parte dei foraggi con varietà che aumentino la digeribilità per gli animali e di diminuire l’apporto proteico della loro dieta. Si può intervenire anche sulla gestione delle deiezioni: attraverso tecniche di riduzione delle emissioni dalle stallemigliori coperture degli stoccaggi del letame, il recupero del biogas con i digestori anaerobici che poi possono produrre energia, e la gestione dei reflui per la fertilizzazione dei campi.

C’è una buona notizia in questo ambito: è in corso un progetto europeo di durata decennale (LIFE BEEF CARBON) per ridurre almeno del 15% queste emissioni ed aumentare contemporaneamente il benessere degli animali, proprio utilizzando gli accorgimenti descritti prima. Nel progetto, coordinato per l’Italia dal CREA – Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria, sono coinvolte oltre 2000 aziende agricole in Spagna, Francia, Italia e Irlanda, 172 delle quali definite “allevamenti innovativi”. Il risultato parziale è che già nel primo triennio di applicazione delle misure suggeritele emissioni medie degli allevamenti monitorati erano scese del 10%, e addirittura l’obiettivo del 15% era stato già raggiunto laddove si erano applicate contemporaneamente più tecniche di mitigazione.

Di agricoltura e ambiente abbiamo parlato nella puntata del 6 luglio di “Ecosistema“, la rubrica settimanale di Earth day Italia ospitata nel programma “Il Mondo alla Radio” di Radio Vaticana Italia, condotto da Luca Collodi con la partecipazione di Tiziana Tuccillo e Giuliano Giulianini.

Nell’occasione abbiamo preso spunto dalla pubblicazione di “Zootecnia&Parchi”, di Maurizio Gubbiotti (ex presidente di Roma  Natura), volume che racconta l’esperienza dell’agricoltura ecologica nei parchi naturali in Italia, e in particolare nei parchi urbani della Capitale (qui la versione integrale dell’intervista a Maurizio Gubbiotti). L’ente Roma Natura è stato creato nel ’97 dalla Regione Lazio per gestire il patrimonio di verde pubblico protetto all’interno dei confini comunali della Capitale. Si tratta di 16000 ettari tra aree agricole, boschi, riserve, parchi, litorali, laghi e corsi d’acqua; ma anche siti archeologici, casali, monumenti e attività produttive. In dettaglio sono presenti a Roma: 2 parchi (Aguzzano e il Pineto), 9 riserve (ad esempio la Valle dei Casali, Monte Mario e la Valle dell’Aniene) e 4 monumenti naturali (come il Fosso della Cecchignola a sud o Galeria Antica ai confini col comune di Bracciano). C’è anche un’area marina: le Secche di Tor Paterno tra Ostia e Tovaianica che offrono un habitat protetto a coralli, tartarughe, delfini, pesci e alle preziose praterie di posidonia oceanica. Al conto vanno aggiunte anche 1000 specie vegetali e 150 specie di animali tra mammiferi, rettili, anfibi e uccelli; per non parlare di almeno 5000 specie di insetti. Tutto questo verde gestito da Roma Natura è frammentato e disseminato “a raggiera” a partire dal centro città, come si dice nell’intervista; ma se fosse una superficie unica sarebbe estesa quanto il Comune di Bologna.

La peculiarità della Capitale però va oltre: più della metà di Roma è “verde”. Infatti, a parte le competenze di Roma Natura, nel territorio comunale ricadono anche altre migliaia di ettari di verde delle ville storiche, dei siti archeologici, dei parchi privati, dei giardini pubblici e di centinaia di imprese agricole, molte delle quali comprese nella Riserva Naturale Statale del Litorale Romano che, ad esempio, comprende la Valle e la Foce del Tevere, la Pineta di Castel Fusano e gli scavi di Ostia Antica.

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