Marco Nicolini traccia le linee guida per governare la transizione ecologica e digitale italiana, per favorire, ricerca, formazione e sostegno alle piccole e medie imprese.
Il programma “FUTURA” di One People One Planet, trasmesso da RaiPlay il 22 aprile, Giornata Mondiale della Terra, ha approfondito diversi temi dell’innovazione legati alle sfide della sostenibilità. La presenza tra gli ospiti di Marco Nicolini, avvocato di Cassazione in Italia e attivo anche negli USA, partner dello Studio Legale Orrick, leader mondiale nel settore appunto dell’innovazione, ha dato modo di approfondire il tema dei finanziamento alla transizione ecologica. Ecco l’intervista integrale realizzata per “FUTURA” da Pierluigi Sassi, presidente di Earth Day Italia.
Anni fa non esistevano né internet né la telefonia mobile. La digitalizzazione è un processo sempre più veloce e travolgente, che cambia completamente le nostre idee però senza darci il tempo di definire il nostro futuro. A questa velocità non rischiamo che tutto dipenda dal mercato della finanza, e noi non decidiamo più nulla?
Il rischio indubbiamente c’è, ma non ci dobbiamo rassegnare ad esso; e anzi la sfida è di mettere la persona, il cittadino, al centro. È senz’altro positivo che, in questa transizione ecologica e digitale, gli argomenti abbiano preso cittadinanza anche nei nostri dicasteri, e quindi siano stati messi al centro. Ma questa transizione dev’essere governata sia dalle persone che dai principi. Sempre più investitori stranieri (soprattutto fondi) adesso investono in società che abbiano un’attenzione particolare alla sostenibilità, alla governance e all’environment, all’ambiente. Avremo vinto questa sfida se saremo in grado di orientare gli investimenti, e questa nuova finanza, verso degli obiettivi che possano essere in linea anche con lo sviluppo della persona nell’ambiente in cui vive. Diversamente, se soccomberemo, non sarà una transizione portata a casa con successo. Ovviamente dev’essere fatto un nuovo patto tra il cittadino e la pubblica amministrazione. Non si parla soltanto di efficientamento energetico: bisogna parlare di efficientamento normativo, una semplificazione normativa. Parlando di rilancio e della velocità, come diceva lei, bisogna fare dei sacrifici; però non facciamoli fare alla persona, al cittadino, ma a delle sacche di sovranità a cui magari si può rinunciare, non a scapito del benessere comune. Senz’altro ci sono delle lungaggini e delle problematiche che riguardano i procedimenti autorizzativi, amministrativi, e di valutazione di impatto ambientale. Se questo potesse essere semplificato, e l’amministrazione venisse vista come supporto al cittadino, e non come un insieme di vincoli, certamente avremmo vinto questa sfida. Però, per fare questo, bisogna anche rinunciare a dei permessi, delle autorizzazioni e dei veti che spesso sono prerogative a cui non si rinuncia così facilmente.
L’Italia è in una fase di piena transizione digitale; forse anche un po’ indietro rispetto ad altri paesi. Quali sono le sfide più imminenti di questo nostro processo di sviluppo?
Le sfide sono tante. Me ne vengono in mente tre particolarmente importanti. La prima è senz’altro stare accanto al tessuto connettivo della nostra imprenditorialità, che sono soprattutto le piccole e medie imprese: quelle che forse hanno sopportato il peso più grande della pandemia. Stare vicino a coloro che vogliono ripartire con uno spirito nuovo, magari con un passaggio generazionale, investire in nuove tecnologie: questa, secondo me, è una priorità. L’altra è senz’altro la formazione. Abbiamo visto che danno incredibile hanno avuto i nostri giovani dal non andare a scuola e all’università. Il “remoto” non preparato e inaspettato, come è stato nell’ultimo anno, ha di certo fatto vedere un gap che l’Italia ha, anche per quanto riguarda l’investimento tecnologico nella formazione. Investire nella formazione è una ricchezza, che a mio avviso va assolutamente sfruttata. Un altro punto è il trasferimento tecnologico: investire in tecnologia, università, centri di ricerca. Se vogliamo tenere i famosi “cervelli” in Italia bisogna dar loro l’opportunità e anche i mezzi affinché possano portare avanti le ricerche. A questo punto, se chiediamo che ci siano investimenti, vorrà dire che questi poi possano anche essere messi a frutto; e quindi, un domani, anche il privato se ne possa avvantaggiare. Questi sono ad esempio tre settori in cui il nostro CDP Venture Capital (il Fondo Nazionale Innovazione, ndr.) sta investendo molto.
Come immagina che cambierà il nostro futuro?
Immaginare il futuro è difficile, perché prima della pandemia tutti noi ne immaginavamo uno diverso. Posso dire che cosa spero. Spero in un futuro dove al centro ci sia la persona; anche perché il governo, il controllo di queste transizioni digitali ed ecologiche, non può che essere fatto dalla persona. Spero anche che gli investimenti, gli sforzi, le nuove opportunità, siano dati secondo un criterio che prediliga lo sviluppo di una filiera; cioè non soltanto a iniziative che riguardino una singola area. Anche quelle vanno bene; ma se ci fossero delle iniziative che riguardassero più soggetti, coinvolti nella produzione di un bene, di un servizio, del prodotto finale, penso che questi sarebbero da tenere in grande considerazione. Anche perché (lo dico con un pizzico di patriottismo) così potremmo riacquistare il nostro senso di fare squadra. In passato abbiamo perso tanti appuntamenti; vediamo di non perdere l’appuntamento questa volta, perché abbiamo gli strumenti, le risorse e la testa per fare molto bene.