Dalle parole ai fatti: la Chiesa sprona i fedeli ad azioni concrete per la conversione ecologica invocata da Papa Francesco. L’Arcivescovo di Siena, Cardinale Lojudice anticipa i temi del suo intervento al convegno “Laudato Si’ e Agenda ONU 2030”.
“Tutti possiamo collaborare come strumenti di Dio per la cura della creazione, ognuno con la propria cultura ed esperienza, le proprie iniziative e capacità”
Questa frase di Papa Francesco compare nel testo della Laudato Si’, l’enciclica del 2015 dedicata dal Pontefice alla difesa dell’ambiente, all’ecologia integrale e alla conversione ecologica necessaria per la custodia del pianeta. È una frase che, in particolare, sprona tutti a passare dalle parole ai fatti. Un appello rivolti non solo ai leader del pianeta, ai governanti e ai grandi potentati economici, ma anche e soprattutto alle persone comuni, alle famiglie, alle comunità locali, alle associazioni, agli educatori e, parlando del mondo cattolico, particolarmente alle parrocchie, alle associazioni e ai centri religiosi.
Lunedì prossimo, 8 novembre, Siena ospiterà un convegno intitolato “Laudato Si’ e Agenda ONU 2030 – Dai principi alle azioni”, organizzato da Earth Day Italia ed ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile). È un evento del progetto “Obiettivo 2030 Laudato Si’”, che Asvis ed Earth Day Italia hanno lanciato per promuovere e portare sul territorio lo strumento della Piattaforma d’Azione Laudato Si’. Il concetto di fondo, come dice il titolo, è che sulla denuncia delle ingiustizie sociali e della drammatica situazione ambientale ormai concordano tutti; d’ora in poi bisogna incontrarsi per agire. Questo messaggio sarà portato all’uditorio, in particolare dal cardinale Augusto Paolo Lojudice, Archivescovo di Siena, che abbiamo potuto intervistare sui temi del convegno.
Di seguito la versione integrale dell’intervista, trasmessa oggi nella rubrica Ecosistema di Earth Day Italia, nel programma “Il Mondo alla Radio” di Radio Vaticana Italia.
Può anticipare qualche tema del suo intervento al convegno di lunedì prossimo?
Semplicemente cercherò di raccogliere alcune sollecitazioni che ci stiamo dando, ripartendo dalla Laudato Si’ e facendo un arco con la Fratelli Tutti (l’enciclica del 2020 sui temi della “fraternità e l’amicizia sociale”, nda.). Cercherò di mettere davanti gli occhi di tutti che bisogna scendere nel concreto. Perché sul piano dei principi siamo abbastanza d’accordo, poi però bisogna trovare delle vie, dei canali, delle risposte concrete da dare da darci, per realizzare ciò di cui stiamo cercando di parlare un po’ tutti, e che difficilmente trova qualcuno contrario in linea di principio. Il problema è che bisogna superare alcuni ostacoli oggettivi che sono davanti a noi.
[Qui il video dell’intervento del cardinal Lojudice al convegno dell’8 novembre]
La Laudato si ha avuto un notevole impatto nel mondo dell’ambientalismo. Le chiedo però che cosa ha cambiato nel concreto nelle comunità cristiana e cattolica. Lei percepisce dei cambiamenti nel quotidiano, nell’impegno, nella mentalità delle persone?
Molto realisticamente percepisco che chi aveva già un’attenzione, una sensibilità legata a questi temi, in generale all’ecologia, ha trovato e raccolto gli inviti della Laudato Si’, e li ha fatti suoi; e quindi si è sentito confermato, custodito, rilanciato. Chi era fuori da queste sensibilità non mi sembra abbia fatto chissà quali passi. C’è stato anche un altro problema, una considerazione oggettiva che ebbi modo di fare anche con Papa Francesco: il fatto che da quando è uscita, sei anni fa, la Laudato Si’ è come rimasta un po’ nel cassetto, perché ci sono stati, o c’erano già stati, altri momenti, altri documenti molto importanti, tra cui la Evangelii Gaudium (la prima esortazione apostolica di Papa Francesco promulgata nel 2013, all’inizio del pontificato, nda.) e la Amoris Laetitia (la seconda esortazione di Bergoglio, del 2016, nda.). Quindi le comunità, le parrocchie – in quel momento ero vescovo ausiliare a Roma – non riuscivano a recepire i contenuti della Laudato Si’. Devo dire che già prima dalla pandemia, poi nel 2020, quando il Papa ha lanciato l’anno della Laudato Si’, poi con “Fratelli Tutti”, con i vari messaggi, con l’Economy of Francesco, possiamo dire che ci si sta riappropriando di questi contenuti. Ma credo che ci sia ancora molto da fare.
Tra i tanti ambiti affrontati dalla enciclica del 2015: l’economia sociale, la cura dell’ambiente e del Creato, i comportamenti personali di ognuno, l’impegno politico, l’innovazione, quali pensa siano i più urgenti oggi?
Più che urgenti direi che bisogna metterli in fila. Credo che la prima cosa, lo sforzo che penso, io come vescovo, e come Chiesa, siamo tenuti a fare, è aiutare le persone a capire che il punto di partenza è l’atteggiamento personale: il comportamento soggettivo che hai nella tua vita individuale. Ripeto, sul tema dei principi “rischiamo” di essere tutti d’accordo. Il problema è che poi rischia di non cambiare nulla nei nostri atteggiamenti pratici, nella vita, nelle scelte che vanno fatte e in qualche modo declinate affinché ci possa essere un reale riscontro di queste proposte. Credo che la cosa più interessante e più importante da parte nostra, come pastori, come preti, è far capire che tutto ciò ha una radice profonda nel Vangelo e nella Sacra Scrittura. Non è una passione o un interesse personale di Papa Francesco, come a volte si rischia di far passare questo discorso, confondendo le idee: “A lui piace questo e quindi ce lo dice sempre”. Qui non è passione o interesse personale, è un problema “di vita o di morte”; e quindi la fede cristiana è chiamata anzitutto a tutelare l’esistenza umana e, di conseguenza, la madre Terra e quindi il Creato. Allora credo che il nostro impegno, soprattutto oggi, sia mettere insieme questi pezzi, a partire da quello che la Laudato Si’ ci lasciato, detto e ripetuto anche in termini sistematici.
Lei svolge parte della sua attività pastorale in Toscana, a Siena di cui è arcivescovo. Un territorio che per storia, potenzialità e anche ricchezza è chiamato a essere all’avanguardia di questa transizione ecologica, non solo in Italia ma anche sulla scena internazionale, particolarmente nell’agroalimentare che è uno dei focus di questo convegno. La comunità locale è consapevole di quest’occasione e di questa responsabilità?
Anche su questo devo dire: in parte sì e in parte no. Qualcuno se ne rende conto, anzi sta tentando di immettere nei propri processi produttivi determinate attenzioni, criteri e valori. Quello che stiamo cercando di fare con i vari ambiti dei servizi pastorali della diocesi, anche in occasione di questo cammino sinodale, è proprio promuovere, interpellare, coinvolgere, mettere davanti alle proprie scelte tutte le comunità e le aziende che si occupano di questi settori: quelli che lavorano nel campo dell’agricoltura; e anche la comunità: per esempio i sindaci. Due volte l’anno ci incontriamo con tutti i sindaci. Ho proposto questa cosa e ho trovato un buon riscontro: ventitré comuni che rispondono a questo appello della diocesi e del Vescovo, incontrandosi e dialogando. Quindi è anche a partire dagli amministratori locali che cerchiamo di rilanciare questo discorso, di creare una mentalità che abbia consapevolezza di ciò che sta accadendo, e di ciò che invece può non accadere.
Veniamo ai temi specifici del convegno di lunedì: comunità energetiche, quindi generazione di energia in comunità, e agricoltura sostenibile. Si può dire che i capisaldi della transizione ecologica: la sostenibilità sociale, il fare comunità, la cura dell’ambiente, siano già molto in linea con il pensiero cristiano. Questo elemento sembrerebbe facilitare la conversione ecologica richiesta in primis da papa Francesco. Le sembra che le persone e le realtà politiche ed economiche del nostro paese siano anche pronte ai sacrifici che sappiamo necessari?
La sensazione, almeno da parte mia, non è così positiva. Ma cerco sempre di guardare nella direzione della luce, del futuro, della positività: il “mezzo pieno”. In fondo anche questo incontro, queste ore che dedicheremo a una riflessione su questi temi, che abbiamo voluto intitolare “Con Papa Francesco per passare dalle parole ai fatti”, [serve] per dirci appunto che cosa si può fare per non ripetere più soltanto dei temi, degli slogan, delle enunciazioni di principio sulle quali siamo tutti d’accordo. Continuerò questa sollecitazione che nel pensiero delle persone, della gente, della comunità, e anche di realtà politiche ed economiche, per quello che è possibile in un piccolo territorio, colleghi il Vangelo a tutto ciò, che non è un’altra cosa: siamo proprio nella pienezza del messaggio cristiano. In generale teniamo grandi discorsi, grandi meeting, grandi convegni mondiali che raccolgono leader di tutto il mondo… il mio augurio è che anche in questo senso, realisticamente e coi tempi giusti, ci possa essere un cammino serio. In tutta sincerità me lo auguro e spero che accada.
Papa Francesco interviene spesso, specialmente in questi ultimi tempi e soprattutto a ridosso della COP26, sui temi dell’ecologia dell’economia sociale; anche con parole ferme e di sollecitazione. Lei crede che il Pontefice sia più fiducioso o più preoccupato per il prossimo futuro? E Lei come guarda al futuro della “casa comune”?
Penso di non essere ingenuo: credo sempre che nel fondo natura umana ci sia quella riserva di positività che spesso rimane nascosta, coperta, un po’ soffocata; che però viene fuori in alcuni momenti, soprattutto in quelli particolarmente critici. Lo abbiamo visto anche durante la pandemia: tragica senz’altro, un evento a cui non eravamo preparati; però una certa risposta c’è stata, a parte qualche frangia oppositiva in maniera molto irrazionale. Personalmente sono fiducioso anche perché parto dal presupposto che bisogna insistere molto su certe cose. Creare una mentalità significa anche ripetere e coinvolgere, partire più piccoli, partire dai bambini, da come ci si relaziona nei loro confronti. La preoccupazione è ovvia, se non ci fosse sarebbe veramente da sprovveduti. Però io convinto che anche nella persona di Papa Francesco c’è una grande fiducia; perché c’è fiducia nell’azione dello Spirito Santo, che non possiamo mettere da parte. Allora la parte nostra è convincere le persone come dobbiamo fare in tutti gli ambiti della proposta di fede: convincerle ad aprirsi, a rendersi disponibili a ché lo Spirito Santo cambi i nostri cuori. Lo Spirito Santo non deve intervenire sullo smog o su tutto quello che ci crea problemi, ma innanzitutto sui nostri cuori e le nostre menti, perché possiamo veramente convertirci, innanzitutto come persone, a questo percorso, a questo cammino, a questa novità di vita che è il Vangelo a dirci, e che oggi è chiamata “conversione ecologica” e “sostenibilità”.