Raccontiamo la quotidianità dell’associazione Voreco, che si occupa di assistenza ai detenuti del carcere romano, durante e dopo la pena. Un’attività, allargata ai senzatetto e ai bisognosi di Roma, sostenuta dalla comunità del quartiere con donazioni e servizi gratuiti assicurati da medici, legali e consulenti volontari.
Pochi luoghi sono tanto rappresentativi delle bellezze, potenzialità e criticità di Roma quanto via della Lungara. In poche centinaia di metri si passa dagli incanti dell’orto botanico ai ricoveri di fortuna sotto i ponti del Tevere; dagli angoli turistici con negozi e ristoranti alle strutture ospedaliere del vicino Bambin Gesù; dai locali alla moda di Trastevere alle mura del carcere di Regina Coeli. Proprio dalla comunità del penitenziario nasce l’associazione Volontari di Regina Coeli che a via della Lungara gestisce un centro di accoglienza per ex detenuti e bisognosi del quartiere. Un’accoglienza morale e materiale cui partecipa anche la comunità locale, donando cibo, medicine, abiti e disponibilità al volontariato. Ecosistema, la trasmissione di Earth Day Italia trasmessa da Radio Vaticana, ne ha parlato con padre Vittorio Trani, fondatore e presidente dell’associazione Vo.Re.Co.
La novità di questi mesi è la “farmacia di strada” che ha aperto nella sede di Vo.Re.Co. in via della Lungara. Che attività fa questa farmacia, che affianca l’ambulatorio già attivo da tempo?
È nata come “espressione naturale” proprio della presenza dei medici, il sabato mattinaSi sentiva il bisogno di avere dei medicinali da poter dare. È stato il frutto di una collaborazione tra chi produce le medicine, i farmacisti, e diverse associazioni che si occupano di persone che sono del disagio e hanno bisogno di medicine. Abbiamo avuto un’inaugurazione in cui si sono impegnati chi può darci delle medicine e dei privati che stanno mandando medicinali di loro iniziativa.
Personalmente ho visto oggi una signora portare dei medicinali donati da lei. Che altro possono fare le persone che vogliono sostenere quest’associazione di volontariato. Di che generi di prima necessità avete bisogno, per distribuirli alle persone che assistete?
Tutto! Si può dire: che ognuno vada in farmacia, compri una medicina – possibilmente medicine da banco, di prima necessità, che qui sono molto importanti – e le porti qui. Vengono prese in carico dai farmacisti che le selezionano e poi entrano nel circuito. Questo è uno dei punti dove si distribuiscono le medicine, ma altre vengono portate in centri di altre associazioni che si occupano dei poveri.
La connotazione particolare di questa associazione Volontari del Regina Coeli è appunto la vicinanza con il carcere. Vicinanza fisica ma anche morale: lei è cappellano del carcere. C’è un’osmosi fra questi due luoghi: qui si assistono anche gli ex carcerati. Chi sono queste persone? Di che cosa hanno bisogno, una volta che hanno finito il loro percorso dentro il carcere?
Stasera arriverà un detenuto che sta dentro Regina Coeli e lavora all’esterno: può rimanere qui alcune ore il pomeriggio e la domenica. È una collaborazione: questa persona, che ha la fiducia dell’amministrazione, avrà delle ore da passare qui in alternativa al trascorrerle in carcere. Inoltre ci sono (nel centro di accoglienza, nda.) due detenuti che sono usciti ma che non avevano casa; quindi hanno chieste dei giorni per potersi guardare un po’ attorno. Già ci sono in lista altri due che usciranno il 7 gennaio e rimarranno qui: uno quindici giorni, un altro un mese. Inoltre si è instaurata una prassi: ai detenuti che sono soli ed hanno già trascorso una pena abbastanza “robusta”, e a cui si vuole dare un minimo di fiducia, danno un permesso del giorno qui. Quindi io li vado a prendere la mattina alle 9 e li riporto la sera. È una forma di collaborazione molto interessante. Poi qui c’è lo smistamento della biancheria e di quanto altro (donazioni, nda.) viene portato poi in carcere. È un rapporto molto bello.
C’è anche un’altra faccia del quartiere: quella dei “ragazzi di strada” come li ha definiti un suo volontario: le persone che vivono nel quartiere, che siano ex dentenuti, o stranieri arrivati a Roma, o anche italiani che hanno perso la casa. Che rapporto c’è fra il quartiere e queste persone che magari passano la notte sotto i ponti o nella struttura che voi avete a disposizione?
C’è un piccolo riflesso bello. Quando abbiamo aperto l’alloggio (in via S.Francesco di Sales, poco lontano, nda.) gli abitanti della zona erano tutti guardinghi, mi guardavano come a dire “questo prete adesso ci mette una rogna qui a due passi. Dopo un anno mi hanno chiesto scusa, dicendomi: “Questi ragazzi non li sentiamo”. Non hanno avuto mai un problema. Ma l’aspetto più importante è che si è creato un rapporto di solidarietà: nel quartiere abbiamo chi ci dà la pizza; chi i dolci; abbiamo la John Cabot University qui vicino che ci dà parte della cena per tre giorni a settimana; hanno aperto delle attività di accoglienza che, quando hanno cose che avanzano ce lo portano. Con il quartiere si è creato un buon rapporto, considerando anche un aspetto di ricambio: ogni quindici giorni noi diamo alle famiglie bisognose del quartiere un pacco di viveri piuttosto corposo. Poi, con l’espressione organizzativa del quartiere che è la parrocchia, abbiamo aperto la “Casa del papà”. Tutta la parrocchia ci è vicina, aiutandoci anche dal un punto di vista economico: tra tutte questa attività, la spesa più robusta è quella delle utenze; per quanto riguarda il resto, mangiare, (vestiario, servizi, nda.) al 90% ci arriva dalla solidarietà.
Un’altra connotazione del quartiere è il Bambin Gesù, qui vicino. I “papà” a cui ha accennato sono quelli che accompagnano i figli a fare le cure all’ospedale pediatrico, e spesso hanno bisogno di aiuto. Che cosa possono ottenere qui?
Spesso capitava la sera che qualche signore, giovane per lo più, con la valigia in mano ci chiedeva dove poter passare la notte; perché aveva ricoverato il figlio o la figlia al Bambin Gesù, la moglie era rimasta lì, e lui doveva trovare un alloggio. Questo si ripeteva spesso, e così la parrocchia ha offerto la disponibilità a darci un ambiente. Noi l’abbiamo sistemato e abbiamo raggiunto un accordo col Bambin Gesù che seleziona le famiglie povere che arrivano, soprattutto dall’estero: il papà in genere (perché la mamma rimane là) ci viene segnalato è noi lo accogliamo gratuitamente. Questo papà che arriva può rimanere il tempo che è necessario per il figlio che è ricoverato; dorme gratuitamente; può cenare qui, se vuole, la sera alle 19; e può fare colazione. È un’opportunità molto grande.
Tra gli altri servizi che Vo.Re.Co fornisce alla comunità ci sono anche quelli legali, il CAF, un avvocato in sede, Chi sono le persone che vengono in cerca di questi servizi? Quali sono le loro esigenze?
Possiamo fare uno sguardo unico. Questa è gente che sta in mezzo alla strada; che non ha nessuno; non ha assistenza legale, né per i problemi che possono sorgere. Teniamo presente che molte di queste persone hanno fatto qualche “tappa” a Regina Coeli, e quindi c’è qualche problema. Ci sono problemi legati alla parte fiscale, quindi c’è il CAF della UIL; ci sono problemi legati alla salute. Quindi stiamo cercando di creare un punto di riferimento per le cose essenziali. Proprio questa mattina ho avuto un incontro, e forse a gennaio partiranno altri servizi sanitari: un cardiologo, un otorino, ecc. Vorremmo garantire che chi sta in mezzo alla strada con qualche problema possa avere un punto di riferimento per tutte queste cose, o almeno avere indicazioni su dove, eventualmente, poter trovare soluzioni.
Stiamo entrando nell’inverno, nei mesi più freddi dell’anno. Roma è pronta a rispondere alle esigenze di solidarietà, di accoglienza e di supporto alle persone che purtroppo non hanno un rifugio, una casa o una famiglia che se ne occupi?
Si fa tanto chiasso su questo. Basterebbe un po’ di buona volontà: che tutti facessero qualcosa. Per esempio a noi qui manca una sala di appoggio per far sì che, durante la giornata, questa gente che sta in mezzo alla strada, soprattutto i malati e gli anziani, possa avere l’opportunità di stare a guardare la televisione, poter leggere qualcosa, e passare la giornata. Noi non abbiamo questa possibilità, ma nelle parrocchie, in qualche contesto, si potrebbe fare questo servizio. Senza sbandierare chi sa che cosa; ma dare la possibilità della dignità alle persone che si trovano in mezzo alla strada. Perché per chi è anziano e malato stare in mezzo alla strada quando fa molto freddo è veramente un dramma.