Il mancato rispetto della normativa sulle buste di plastica vale oltre 300 milioni di euro. Pagnozzi (Assobioplastiche): danno industriale, sociale e ambientale
Una recente direttiva dell’Unione Europea che entrerà in vigore a partire dal 2021 vieterà la distribuzione di alcuni oggetti in plastica come i piatti e le posate, i cotton fioc e altri oggetti monouso.
La strada suggerita dal legislatore sembra essere quella dell’utilizzo di oggetti riutilizzabili, ma in alcuni casi nuovi materiali, più sostenibili, potranno sostituire quelli tradizionali. È il caso delle bioplastiche, biodegradabili e compostabili, il cui settore negli ultimi anni sta facendo registrare incrementi importanti trainato dalla produzione dei sacchetti compostabili, ormai obbligatori presso mercati e supermercati per il trasporto dei generi alimentari.
Non sempre tuttavia la legge viene rispettata e gli “shopper fuorilegge” stanno rallentando il pieno sviluppo del settore, come spiega intervenendo su Ecosistema, trasmissione a cura di Earth Day Italia trasmessa da Radio Vaticana Italia, Carmine Pagnozzi, direttore di Assobioplastiche – Associazione Italiana delle Bioplastiche e dei Materiali Biodegradabili e Compostabili – che riunisce ricercatori, produttori, distributori e commercianti del settore.
Cosa sono le bioplastiche come vengono realizzate e quali prodotti se ne ricavano?
Le bioplastiche sono una forma di plastica che a fine vita è destinata a essere riciclata insieme ai rifiuti organici. Si intendono quei prodotti che sono conformi ad uno standard comunitario, l’EN 13432, che stabilisce i requisiti e i criteri ai quali questi manufatti debbono corrispondere affinché all’interno degli impianti industriali di compostaggio siano valorizzati e trasformati in anidride carbonica, acqua e sali minerali, così come accade al rifiuto organico per diventare compost.
Hanno una valenza importante nella loro trasformazione sia nel rifiuto organico che in un ammendante o in un fertilizzante.
Sono plastiche biodegradabili e compostabili: biodegradabili nel senso che che sotto l’azione naturale degli agenti naturali si possono trasformare; compostabili perché c’è la certezza che in un tempo definito come quello del compostaggio industriale possano avvenire questi processi e quindi la natura possa fare il suo corso e trasformare questi oggetti in qualcosa di utile per riportare sostanza organica al suolo attraverso l’utilizzo del compost.
Sono sempre più diffuse all’interno della società e sono per la gran parte rappresentate dalle borse in plastica compostabile che sono obbligo normativo a partire dal 2011 e attraverso il recepimento della direttiva europea dal 2017.
Quali sono gli altri usi che si fanno delle bioplastiche e quali sono le evoluzioni possibili, anche in considerazione della recente normativa che viete alcuni prodotti in plastica monouso?
L’Italia è stata artefice in Europa di una linea che punta a prendersi cura dell’ambiente attraverso un paradigma che è quello di fare attenzione ai prodotti monouso e preferire prodotti riutilizzabili, che è la nostra migliore opzione, o in alternativa di prodotti biodegradabili e compostabili.
Questo è stato interpretato da subito con la cosiddetta legge shopper, ma non dobbiamo dimenticarci quelle che sono possibili applicazioni come i film agricoli, o meglio le pacciamature che sono sicuramente un settore importante così come è tutto ciò che è connesso con il settore alimentare cioè i film alimentari e tutte quelle applicazioni in bioplastica che possono andare a contatto con il mondo alimentare.
Ci sono poi gli articoli monouso a cui lei faceva riferimento che sono le stoviglie, i piatti e le posate che sono oggetto di una recentissima direttiva, ma ci sono anche i bicchieri. Tutto questo è un’opportunità che per la filiera delle plastiche biodegradabili e compostabili può rappresentare uno sviluppo come del resto abbiamo registrato in questi anni perché, per dare qualche numero, nel periodo 2012-2017 la filiera delle plastiche biodegradabili e compostabili ha registrato forti incrementi arrivando ad una valorizzazione economica di 685 milioni di euro.
Per restare sui numeri, quanto vale il settore in termini di fatturato, di attività, di addetti?
Come accennato secondo la nostra ultima rilevazione il fatturato di settore vale 685 milioni di euro. Gli addetti sono oltre 2.550 con un incremento in 5 anni di circa il 100%, sono cioè raddoppiati. Per quanto riguarda il numero di nel 2018 abbiamo registrato un comparto che è composto da 252 aziende con un incremento del 76% rispetto 2012 con una produzione di plastiche certificate EN 13432, quindi plastiche biodegradabili e compostabili, che nel 2018 ha raggiunto il livello di 88.500 tonnellate.
Il nostro è un mercato di riferimento in Europa. L’Italia è il primo mercato di utilizzo dei prodotti biodegradabili e compostabili, sempre grazie alle norme sull’utilizzo dei sacchetti compostabili per frutta e verdura e per l’imballaggio gli alimenti sfusi. C’è una questione connessa alla presenza di materiali non a norma, cioè alla presenza di plastiche tradizionali sotto forma di borse commercializzate in violazione di legge, oppure falsamente conformi EN 13432. Questo oltre a essere un evidente problema per il sistema industriale, occupazionale, sociale diventa un problema anche ambientale perché, essendo questi materiali destinati insieme alla raccolta dell’umido agli impianti industriali di compostaggio, causano la presenza di plastica in questi impianti e non consentono lo sviluppo, anche tecnologico ed impiantistico, del compostaggio industriale che potrebbe avere un ulteriore incremento a livello economico e di qualità con riflessi che possiamo immaginare per le tasche dei cittadini.
Leggendo i vostri dati questo è un gap molto importante. A fronte di un fatturato di 685 milioni di euro circa il potenziale, se tutte le norme fossero rispettate, secondo le vostre stime supera il miliardo di euro. Servono semplicemente più controlli o c’è bisogno anche di altro?
Ovviamente i controlli sono fondamentali, ma notiamo che c’è una presa di coscienza da parte dei cittadini e dei consumatori che sono sempre più attenti a valutare la qualità degli oggetti che vengono offerti quando svolgono i propri acquisti.
Purtroppo su 88,000 tonnellate di borse della spesa complessive che girano in Italia al 2018, 54.000 tonnellate sono di materiale compostabile, ma 34.000 tonnellate sono fatte con materiali e non a norma.
Queste 34.000 tonnellate non consentono un pieno sviluppo di tutta la filiera dal punto di vista economico occupazionale, sono posti di lavoro in meno e costituiscono degli scarti negli impianti di compostaggio che oltre a generare di funzionamento degli impianti devono essere allontanati con aggravio di costi.
Per questo cerchiamo la partecipazione di tutti i soggetti controllori, organi accertatori, comunità, collettività perché bisogna stare attenti affinché le norme che per fortuna abbiamo a disposizione vengono pienamente rispettate.
Dal 2013 al 2018 il mercato italiano delle borse di plastica si è contratto da 118.000 tonnellate a queste 88.000 tonnellate: abbiamo quindi utilizzato meno borse di plastica e stiamo andando verso l’utilizzo nelle borse più resistenti, quelle riutilizzabili quando andiamo a fare la spesa. Questo perché il paradigma che il legislatore ha individuato è quello di preferire oggetti riutilizzabili.
In quest’ottica anche sugli articoli monouso si potrà immaginare una preferenza sui piatti e posate lavabili mantenendo una soluzione di riserva su quelle applicazioni monouso che dovessero essere necessarie, ma utilizzando materiali alternativi e che consentono una valorizzazione piena come i materiali compostabili.