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Bompan: “Acqua, tema spesso dimenticato da politica e pubblico”

Emanuele Bompan, giornalista ed esperto di conflitti e politiche legati alle risorse idriche, fa un quadro nazionale e globale delle crisi, delle infrastrutture, delle speculazioni finanziarie e dei conflitti che ruotano intorno all’oro blu.

Lunedì prossimo, 22 marzo sarà la Giornata Mondiale dell’Acqua. Come ogni anno, in questa occasione si riflette sulle varie situazioni legate a questa risorsa fondamentale: la scarsità, le infrastrutture, gli sprechi, la siccità. Il 6° Obiettivo di Sviluppo Sostenibile dell’ONU vorrebbe che entro il 2030 tutti gli abitanti del pianeta avessero garantito “l’accesso universale ed equo all’acqua potabile, sicura e alla portata di tutti”. La realtà però, secondo i dati dell’ONU, è che 2,2 miliardi di persone non hanno la sicurezza di disporre quotidianamente di acqua potabile e 4,2 miliardi non dispongono di servizi igienici. Anche nel nostro paese ci sono criticità legate all’acqua. Ad esempio lo spreco, dovuto alle condizioni della rete idrica: secondo i dati di Utilitalia, attualmente oltre il 42% dell’acqua che entra nella rete di distribuzione si perde lungo la strada.

 

 

Abbiamo incontrato Emanuele Bompan, giornalista ambientale e fondatore del Water Grabbing Observatory, autore di diversi libri sul tema e in particolare sul fenomeno del “water grabbing”, l’accaparramento d’acqua da parte di potentati politici ed economici. Il 22 marzo il giornalista porterà l’argomento del water grabbing nel digital talk in diretta streaming  “Dare un valore all’acqua“, organizzato da Earth Day Italia e dal Ministero della Transizione Ecologica.

Versione integrale dell’intervista ad Emanuele Bompan trasmessa da Radio Vaticana Italia nel programma “Il Mondo alla Radio” del 18 marzo 2021.

Una famosa vignetta sul web mostra una città che sta per essere sommersa da tre ondate progressive sempre più alte: la prima è la crisi sanitaria, quella del Covid19; la seconda è la crisi economica che si prevede arriverà di seguito; e poi c’è quella più grande che è la crisi climatica, del cambiamento climatico. Ci sarà anche una crisi idrica nel nostro futuro?

Emanuele Bompan

La crisi climatica e la crisi la biodiversità rimangono quelle più grandi. L’acqua si lega intimamente ai cambiamenti climatici. Se oggi sta cambiando la disponibilità idrica, da un lato è sicuramente per l’aumento e l’intensità dei consumi antropici, dell’altro c’è una variazione nella disponibilità a causa dei cambiamenti climatici: lo scioglimento dei ghiacciai, la variazione della piovosità, gli eventi meteorologici catastrofici che hanno un effetto diretto sulla disponibilità idrica in tante parti del mondo. Lo vediamo già in Italia meridionale ma non solo: anche in alcune valli delle Alpi si stanno verificando dei fenomeni siccitosi legati allo scioglimento dei ghiacciai, allo scarso innevamento e alla riduzione delle piogge. Quindi non c’è una crisi idrica sistemica direttamente all’orizzonte. Ci possono essere crisi idriche locali, legate alla crisi climatica (meno a quella della biodiversità) che possono andare a colpire in maniera molto violenta popolazione in questo o quel paese. Ci sono aree del mondo che non saranno interessate dalla crisi idrica; contrariamente a quella climatica che colpisce invece tutti i paesi. Ci sono aree più esposte ed altre che, sebbene esposte ai cambiamenti climatici hanno le tecnologie e i saperi per adattarsi in parte (e quindi non sono esposti alle crisi idriche). Tutto dipenderà dalla capacità di comprendere la scienza e di creare politiche e strutture idonee a una nuova realtà climatica che permettano all’Umanità di evitare, sia a livello locale che a livello nazionale, le crisi di tipo idrico.

Che effetto hanno avuto la pandemia e i lockdown di quest’ultimo anno? Si potrebbe pensare che i consigli igienici che abbiamo ricevuto da più parti abbiamo aumentato i consumi di acqua privati; ma dall’altra parte, immagino che la contrazione delle produzioni industriali e dei trasporti a lungo raggio abbiano ridotto invece quelle voci di consumo d’acqua. Il vostro osservatorio ha dati in questo senso?

In realtà non è questo il tema interessante con cui guardare il legame tra acqua e pandemia. Due sono le tematiche emerse.  Da un lato l’accesso per tutti all’acqua per uso sanitario e igienico, che purtroppo in alcuni casi non è stato sempre possibile. Infatti si è lavorato molto all’inizio della pandemia per garantire acqua anche a quelle realtà di povertà e di mancanza di accesso all’acqua, per poter lavarsi le mani e garantire l’igiene. Il secondo tema è quello dell’impatto dell’uso abbondante di disinfettante e degli altri agenti batterici contro il virus che sono stati impiegati ampiamente, e in alcuni casi eccessivamente: ricordiamo tutti esattamente un anno fa che si iniziavano a lavare le strade con detergenti chimici e agenti disinfettanti. Questo in alcuni casi ha contaminato le falde acquifere, anche se non in maniera rilevante.  Gli studi sono in corso e ovviamente sarà la scienza a dirci quali sono gli impatti reali dell’uso necessario e dovuto di questi disinfettanti per combattere il Covid.

Il 22 marzo è la Giornata Mondiale dell’Acqua. Tra i grandi temi legati a questo elemento: l’inquinamento, la scarsità, e la disponibilità che sia uguale per tutti, quale pensi sia il problema più pressante da portare all’attenzione dell’opinione pubblica in questo momento?

Sono molteplici. Purtroppo il tema dell’acqua molto spesso è dimenticato sia dalla politica sia dal grande pubblico in almeno tre aspetti chiave. Il primo è quello del diritto all’acqua: garantire l’acqua come bene pubblico; accessibile a tutti; col giusto prezzo: quindi né troppo economica per chi può permettersi si pagarla, ma neanche troppo cara per chi invece ha poche risorse economiche. Questa è una questione fondamentale: il tema del diritto. Il secondo tema è quello dell’investimento nell’acqua. Sappiamo tutti che per l’Italia il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza corrispondente al Next Generation EU potrà essere necessario e fondamentale per ammodernare un sistema idrico purtroppo tra i peggiori in Europa. Parlo soprattutto delle fognature, del trasporto dell’acqua e dei sistemi di depurazione. A breve sarà pubblicato il nuovo report di House Ambrosetti che delinea purtroppo uno scenario molto cupo sulle infrastrutture idriche italiane, che richiedono importanti investimenti. Quindi secondo pilastro è la discussione sull’economia. Il terzo è una questione culturale: cioè capire dove si può andare ad avere un impatto sullo spreco idrico. Quindi: migliorare i sistemi di agricoltura; migliorare i comportamenti a casa e i comportamenti non virtuosi. Ma anche capire quanta acqua è dentro il cibo e negli oggetti che consumiamo. Molto spesso ci laviamo le mani velocemente o facciamo docce non troppo lunghe per risparmiare acqua; quando poi consumiamo cibi o oggetti che hanno un’impronta idrica immensamente più grande delle docce e delle azioni di igiene che quotidianamente e necessariamente dobbiamo eseguire.

Lo scorso dicembre il Parlamento Europeo ha dato l’ok alla nuova direttiva sull’acqua potabile. In alcuni articoli hai descritto questa con una nuova visione per l’acqua: un cambio di rotta a livello europeo della gestione dell’acqua per ridurre gli sprechi e rendere i sistemi idrici e resilienti.

Dopo la Direttiva Acque del 2000, che indirizzava il tema della gestione, delle attività fluviali, del controllo della qualità delle acque, l’Europa arriva con una nuova direttiva che aumenta ad esempio i livelli di concentrazione di sostanze chimiche: quindi rendendo ancora più sicura la nostra acqua; spingendo per un’acqua che sia buona, sicura, e accessibile a tutti attraverso il migliore sistema di logistica che abbiamo per un bene di consumo quotidiano: cioè le infrastrutture idriche e i nostri rubinetti.  È una grande svolta che l’Italia dovrà recepire. L’Italia che purtroppo ancora non ha una legge veramente omni comprensiva sull’acqua. L’Italia che deve investire tantissimo in queste infrastrutture per evitare di pagare centinaia e centinaia di milioni di euro, come ha fatto fino a oggi, in multe per violazioni delle direttive e dei regolamenti europei.

Tu sei autore di “Atlante geopolitico dell’acqua”. Secondo questo parametro, l’acqua, come si divide il mappamondo? Quali sono i paesi avvantaggiati e svantaggiati? quelli ricchi e quelli poveri?

La cartografia dell’accesso all’acqua è estremamente complessa. Bisogna vederla sotto tante variabili: è una mappa con tantissimi “tematismi”, diremmo noi geografi (di formazione sono cartografo). Bisogna vedere ad esempio l’accesso all’igiene: ovviamente l’Africa ha gravissime problematiche e questioni sull’accesso all’acqua che sia sicura per scopi igienici, per essere consumata e bevuta.

Foto di Charles Nambasi da Pixabay

Segue l’Asia ovviamente, che ancora soprattutto in India, ha un altissimo tasso di bambini che soffrono di diarrea dovuta alla cattiva qualità dell’acqua; con cifre spaventose sui morti che ogni anno purtroppo ancora sono causate appunto dall’insicurezza idrica.  Se vediamo invece il tema della scarsità, e quindi della disponibilità d’acqua, stranamente lo stress idrico non è una questione in Africa, che non ha grandi risorse idriche ma neanche è sprecone quando preleva acqua: ha ancora un’agricoltura molto attenta, tutto sommato, all’uso dell’acqua. Non ha strutture idrovore; ha anche purtroppo poca industria che consuma acqua, e poche infrastrutture energetiche che consumano acqua. Mentre vediamo ad esempio l’India, la Cina e anche gli Stati Uniti estremamente esposti al tema dello stress idrico. E ancora: la disponibilità idrica diventa invece una questione di rischio, quindi di costi sociali ed economici, nelle aree del Mediterraneo; oppure in alcune aree del Centro America, del Messico, dell’America Latina dove c’è grande scarsità. E’ difficile riassumere perché sono tante le variabili; quindi forse vale la pena dare davvero un occhio all’Atlante per capire la complessità di queste varie crisi che si differenziano tantissimo, latitudine per latitudine, problema per problema.

C’è anche un altro termine che deve entrare in questa discussione: water grabbing. Anche questo è l’oggetto di un tuo libro: “Guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo”. Che cos’è questo furto d’acqua? Come si manifesta? e dove?

In alcune aree del pianeta la risorsa idrica è sempre più scarsa, perché c’è una maggiore domanda di “oro blu”; e dall’altra parte, a causa dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento, l’offerta è sempre più ridotta. Quando c’è scarsità di un bene i soggetti di potere e diventano avidi. Quindi da parte di stati, di soggetti privati, di multinazionali e imprese c’è una corsa all’accaparramento (“grabbing”) di queste risorse a discapito di soggetti più deboli: comunità, paesi senza eserciti potenti, o che mancano della capacità di determinare il proprio diritto all’accesso all’acqua.  Noi abbiamo raccontato quelle tantissime modalità per cui, per scopi economici, politici e anche militari, si cerca di mantenere il controllo su fiumi, fonti e infrastrutture che permettono la circolazione dell’acqua per qualsiasi fine sia essa necessaria. E’ un fenomeno che purtroppo sta crescendo; che spinge sempre di più verso conflitti in alcuni casi; che spinge verso la finanziarizzazione e il trading dell’acqua come commodities. Il tema di quest’anno della Giornata Mondiale dell’Acqua è quello del “valore”: un valore che va mantenuto pubblico; non come valore finanziario da scambiare come futures nelle principali piazze d’affari mondiali.  L’accaparramento è quindi un grave problema che sta emergendo sempre di più; e noi come Osservatorio Water Grabbing cerchiamo di raccontare in Italia, ma soprattutto nel resto del mondo, dove diritto all’acqua è ogni giorno violato e messo da parte.

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