Dal 2 al 13 dicembre la capitale saudita ospiterà la conferenza mondiale sulla desertificazione.
“La nostra terra. Il nostro futuro”. Questo è lo slogan che racchiude gli obiettivi della 16esima Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione (UNCCD), che si terrà dal 2 al 13 dicembre a Riyad, capitale dell’Arabia Saudita. Sarà inoltre la prima conferenza sul tema a tenersi in Medio Oriente, in un Paese tra i più tormentati da siccità e degrado del suolo.
Questo evento sarà l’occasione per promuovere l’impegno globale alla cooperazione tra i 197 paesi partecipanti, col fine di accelerare gli investimenti e portare a termine gli impegni per la salvaguardia e il risanamento del terreno, oltre che difendere dalla siccità i luoghi più a rischio. Importanti sono state le parole del Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres, che ha definito COP16 sulla desertificazione come “un momento decisivo per la lotta alla siccità” e all’avanzata dei deserti.
Gli studi dell’UNCCD hanno calcolato che entro la fine del decennio, quindi in soli 5 anni, sarà indispensabile ripristinare 1,5 miliardi di ettari di terreni degradati. Il paese ospitante, composto per la stragrande maggioranza di suolo desertico, attraverso le parole del suo viceministro dell’Ambiente, Osama Faqeeha, negli ultimi anni ha ripristinato 240.000 ettari, dandosi l’obiettivo di ripristinarne ulteriori 40 milioni di ettari.
Un Paese, l’Arabia Saudita, il più grande esportatore di petrolio al mondo, che durante la COP29 sul clima a Baku, in Azerbaijan, conclusasi appena 10 giorni fa, è stata accusata di aver tirato il freno rispetto all’accordo finale, nel quale non è stata fatta parola dei combustibili fossili.
Si spera che questa conferenza non si traduca in un nulla di fatto, come è avvenuto alla COP16 sulla biodiversità a Cali, in Colombia, e che risulti più vincente della COP29 sul clima a Baku, dopo la quale sono stati raggiunti risultati importanti, ma meno ambiziosi di quanto sperato.