Una fotografia del Belpaese dal punto di vista dell’ecologia e della consapevolezza dei cittadini.
L’Agenzia Internazionale dell’Energia ha da poco reso noto che, anche nel 2022, sono aumentate (dell’1% circa) le emissioni globali di CO2 da fonti energetiche. Perciò, nonostante le politiche ambientali e le tecnologie disponibili, ancora non riusciamo a fermare i gas serra e invertire la tendenza, come imporrebbero gli accordi internazionali allo scopo di contenere il riscaldamento globale. Quanto se ne preoccupano gli italiani? I nostri concittadini, la gente della strada, avvertono davvero l’urgenza della crisi climatica ed ecologica? Questi dati e questi allarmi, influenzano il nostro stile di vita?
Di questo argomento si è parlato con Massimiliano Ossini, conduttore di UnoMattina, nella rubrica settimanale “Ecosistema” curata per Earth Day Italia da Tiziana Tuccillo e Giuliano Giulianini, trasmessa nel programma “Il mondo alla Radio”, condotto da Luca Collodi su Radio Vaticana Italia. Ascolta il podcast del programma.
Secondo l’indagine “Il cittadino consapevole” dell’Osservatorio Deloitte, un italiano su tre ritiene il cambiamento climatico una delle minacce più gravi e urgenti da affrontare; sette su dieci pensano di essere testimoni della “più grande crisi climatica ed ecologica della storia”; l’83% ritiene responsabili i modelli di sviluppo insostenibili della società contemporanea. Il 78% degli italiani dichiara di agire per sprecare meno, producendo meno rifiuti e praticando il riciclo. Il 73% ha dichiarato una maggiore attenzione al consumo di acqua rispetto al recente passato. Il 40% acquista prodotti alimentari biologici o da filiere certificate. Il 27% utilizza i mezzi pubblici per gli spostamenti.
Passando al tema dei trasporti occorre sottolineare che ci sono abitudini dure da scalfire. Ad esempio il numero di auto private continua a crescere, nonostante la popolazione sia in diminuzione: in Italia circolano circa 40 milioni di auto il che vuol dire 67 ogni 100 abitanti. I grandi paesi europei sono tutti sotto le 57 auto ogni 100 abitanti; e nel mondo, tra i paesi medio grandi, siamo secondi solo a Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda. Secondo l’Osservatorio EY sulle abitudini di viaggio, il 74% degli italiani ha affermato di scegliere il mezzo di trasporto pensando all’impatto sull’ambiente; anche se la soluzione preferita è ancora l’automobile privata, utilizzata per le vacanze dal 64% del campione. Due terzi degli italiani si dicono però pronti a pagare un sovrapprezzo per compensare le emissioni di CO2 dei propri viaggi a medio e lungo raggio: ad esempio quelli aerei; e il 75% degli intervistati prova ansia per i problemi ambientali. Spostando l’attenzione dai cittadini alle imprese, dallo stesso osservatorio arriva il dato che il 69% delle aziende italiane ha sviluppato un piano di sostenibilità, il 44% ha aggiunto degli obiettivi quantitativi, e il 35% ha anche stabilito dei termini di tempo per raggiungerli. Un terzo delle aziende oggetto dell’indagine dichiara di aver sviluppato strategie di investimento responsabile; e il 70% ha dichiarato di aver avviato un’analisi dei propri processi operativi per la riduzione dell’impatto ambientale e l’efficientamento delle risorse.
Tutto ciò riguarda le nostre abitudini e i buoni propositi per il futuro; ma qual è la situazione generale dell’ambiente italiano? Dall’ultimo rapporto “Transizione Ecologica Aperta. Dove va l’ambiente italiano?” pubblicato da ISPRA, esce un quadro che rappresenta due “italie”: quella delle pianure, delle coste e dei fondovalle, urbanizzata e antropizzata, che copre un quarto del territorio nazionale; e quella dei rilievi, colline e montagne, sempre più abbandonata dalla popolazione e che si estende per i restanti tre quarti del paese. La parte antropizzata soffre dei fenomeni di consumo di suolo (2 metri quadrati al secondo), inquinamento, distruzione e frammentazione degli habitat naturali, inquinamento, drastica diminuzione della biodiversità. Le aree interne invece vedono espandersi i boschi, mentre attività umane come agricoltura, pastorizia, ed anche la socialità dei piccoli comuni, diminuiscono inesorabilmente.
Di buono c’è che circa il 40% dello stivale è ricoperto di boschi, con una ripresa della biodiversità di animali e piante che li abitano. Di negativo c’è che l’agricoltura si concentra vicino ai grandi centri urbani e in pianura, favorendo le colture estensive e perdendo le peculiarità delle colture locali tradizionali, tipiche delle aree interne. Un’altra buona notizia è che l’impronta ecologica degli italiani è in diminuzione nell’ultimo decennio, ed è anche minore della media europea. La nostra “impronta materiale”, che misura quanto cemento, metalli, legno ecc. consumiamo individualmente, è di 11 tonnellate all’anno (3,5 in meno della media europea); mentre la “impronta di carbonio”, cioè la quantità di emissioni di CO2 che ognuno di noi ha in carico, è di 6 tonnellate (anch’essa sotto la media europea). Attenzione però: facendo parte di un paese relativamente ricco e avanzato siamo ben al di sopra di un’impronta ecologica sostenibile per il pianeta.
Altro motivo di ottimismo è che il 20% del territorio e l’11% delle aree marine nazionali sono sotto qualche tipo di tutela ecologica: dai parchi nazionali e regionali alle riserve, dalle Zone di Protezione Speciale alle aree protette in generale. Nonostante ciò, come il resto d’Europa, il 90% degli italiani respira aria i cui livelli di inquinanti rappresentano un rischio per la salute. In particolare la Pianura Padana è ancora una delle regioni geografiche più inquinate d’Europa. Non bisogna poi dimenticare il dissesto idrogeologico generalizzato che riguarda gran parte del paese: negli ultimi vent’anni, a causa di frane, alluvioni e terremoti abbiamo subito danni per un miliardo l’anno, ma abbiamo investito in media solo 300 milioni l’anno per opere che contrassero questi fenomeni. Per “risistemare” tutto il paese servirebbero 26 miliardi, ma negli ultimi tre anni ne abbiamo investiti solo 3. Intanto, nelle zone ad alto rischio idrogeologico, vivono 1,3 milioni di italiani e operano 83 mila aziende.