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COP16: a Roma si negozia per salvare la biodiversità

Ecosistema intervista Paolo Viganò (Rete Clima), osservatore alla conferenza internazionale in corso alla FAO.

Oltre 150 rappresentanze di paesi dell’ONU sono riunite in questi giorni a Roma, nella sede della FAO, per la 16a Conferenza delle Nazioni Unite sulla Biodiversità.

Nonostante conferenze, obiettivi e accordi internazionali, si stima che un milione di specie animali e vegetali siano seriamente minacciate di estinzione. Tra gli animali che potrebbero scomparire dalla faccia del pianeta ci sono: delfini, balenottere e capodogli; il 40% delle specie di squali e razze (in Italia ad esempio sono a rischio lo squalo elefante e lo smeriglio); gli anfibi in generale, molto sensibili ai cambiamenti climatici e all’inquinamento delle acque (in Italia rane, rospi e tritoni sono in calo ovunque). Tra i rettili, è sull’orlo dell’estinzione la lucertola delle Eolie; sono in pericolo tutte le tartarughe acquatiche; ed anche la nostra testuggine di terra. L’impoverimento della biodiversità non risparmia neanche il regno vegetale: nella lista rossa del rischio estinzione sono finite un terzo delle specie di alberi censite: oltre 16 mila varietà arboree. Le cause sono varie, e quasi sempre direttamente riconducibili alle attività umane: la crisi climatica, la perdita e la frammentazione degli ambienti naturali, l’inquinamento, le invasioni degli habitat da parte di altre specie aliene a quegli ecosistemi. I dati sono tratti dal report Natura selvatica a rischio in Italia”, presentato da Legambiente in occasione di questa COP16 romana.

In Italia, secondo il rapporto, ci sono 58 ecosistemi naturali a rischio; e 7 di questi sono classificati in situazione critica. Sono quasi tutti ecosistemi forestali della Pianura Padana e delle prealpi: i lecceti, i boschi di farnia, carpino bianco, frassino maggiore, salice bianco, pioppo bianco e pioppo nero, ontano nero e un arbusto, il viburno. Legambiente fa inoltre notare che, nonostante siamo vicini alla scadenza del 2030 della Strategia Europea per la Biodiversità, il nostro paese è in ritardo sugli obiettivi, tanto che, per esempio, le superfici protette terrestri e marine non sono cresciute neanche di un ettaro negli ultimi anni. L’Italia ha molti territori ancora naturali o seminaturali, ma quasi la metà di questi sono a rischio di perdita di biodiversità, per un totale che corrisponde a un quinto dell’intero territorio nazionale.

Di biodiversità e COP16 abbiamo parlato questa settimana in “Ecosistema”, la rubrica di Earth Day Italia trasmessa da Radio Vaticana. Tiziana Tuccillo, Giuliano Giulianini e il conduttore Alessandro Guarasci, hanno dialogato in diretta con Paolo Viganò, fondatore di Rete Clima, presente ai negoziati di Roma come osservatore. Di seguito il podcast della trasmissione.

Capitale naturale” non è soltanto un’espressione poetica, ma anche un riconoscimento dell’importanza “economica” della natura, produttrice di beni e servizi a favore dell’umanità: fertilità dei suoli, riserve d’acqua, energia eolica e solare, impollinazione, riserve di cibo (soprattutto nei mari), abbondanza di materie prime: legname, carbone, petrolio, metalli. Non è difficile comprendere il valore economico di prodotti “naturali” come oro, argento, cobalto, uranio, che hanno fatto le fortune di chi le abbia trovate e sfruttate, ma anche tutelate e gestite con lungimiranza. Altrettanto comprensibile dovrebbe risultare il valore di animali, piante ed interi ecosistemi. Al contrario questo non è un concetto universalmente scontato. Occorre dunque quantificare questi contributi. L’IPBES (ente intergovernativo internazionale che promuove la tutela della biodiversità) ha stimato che il valore del “servizio di impollinazione” di api e farfalle che rende possibili le colture agricole del pianeta sia oscillante tra i 235 e i 577 miliardi di dollari annui. Discorso simole per le foreste e gli ecosistemi marini: secondo i dati della Banca Mondiale questi ambienti assorbono anidride carbonica per totale stimato di 100 miliardi di dollari. La FAO invece ha calcolato il valore delle risorse ittiche che alimentano gran parte dell’umanità: oltre 150 miliardi di dollari all’anno. Infine, in generale, si ritiene che oltre la metà del Prodotto Interno Lordo mondiale dipenda dalla Natura. In trasmissione si è accennato alla Strategia Europea per la Biodiversità: un accordo tra i membri dell’UE varato nel 2020 che, a metà strada dalla scadenza sembra difficilmente realizzabile. Secondo la SEB, entro il 2030 l’UE dovrebbe: istituire zone protette di terra e marine su almeno il 30% del territorio comunitario, di cui un terzo con tutele “rigorose”; ridurre almeno della metà l’uso dei pesticidi agricoli; stanziare 20 miliardi ogni anno per proteggere e promuovere la biodiversità; ripristinare tutti gli ecosistemi degradati dell’Unione; e piantare 3 miliardi di alberi.

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