Nella Giornata Mondiale per la Lotta alla Desertificazione e alla Siccità, l’ONU denuncia l’avanzare dei due fenomeni su scala globale. Tra i territori a rischio anche gran parte dell’Europa e l’intero territorio italiano.
Oggi, 17 giugno, è la Giornata Mondiale per la Lotta alla Desertificazione e alla Siccità. L’UNCCD, l’organismo delle Nazioni Unite che combatte la desertificazione, ha indetto a Madrid una conferenza per sensibilizzare i media mondiali con i dati del rapporto annuale “I numeri della siccità”. Secondo questo report, dal 2000 ad oggi il numero e la durata dei periodi di siccità sul pianeta sono aumentati del 29%, rispetto ai decenni precedenti. La scarsità d’acqua affligge 2 miliardi e 300 milioni di persone. Secondo l’UNICEF, 160 milioni di bambini soffrono le conseguenze di siccità ripetute e prolungate e, se non si porrà rimedio, nel 2040 un bambino su quattro nel mondo vivrà in aree geografiche dove l’acqua scarseggia.
Tutto questo succede per lo più nei paesi in via di sviluppo ma, come sottolineano le Nazioni Unite, “nessun paese del mondo è immune” al problema. Al rapporto “I numeri della siccità” è allegata una mappa (vedi immagine) che mostra le aree del mondo colpite negli ultimi due anni. Oltre ai territori che abbiamo sempre associato alla desertificazione e alla siccità, come il nord Africa, l’Asia centrale, l’entroterra australiano, e il Sahel (cioè la fascia di territori che attraversa l’Africa dall’Atlantico al Mar Rosso, a sud del Sahara); la mappa ha registrato le recenti emergenze siccità anche di tutta la metà occidentale degli Stati Uniti, di gran parte di Argentina e Brasile, di tutta l’Africa a sud delle foreste tropicali, di quasi tutta l’India e, in Europa, delle pianure polacca e ucraina, e della quasi totalità dei territori spagnolo e italiano. È stato calcolato che nel XX secolo l’Europa ha subito 45 grandi periodi di siccità, per un costo stimato complessivo di 30 miliardi di dollari. Ancora oggi, ogni anno, il 15% del territorio dell’Unione Europea e il 17% della popolazione devono affrontare questo fenomeno, e le stime per le perdite economiche ammontano a 9 miliardi di euro annui.
Le soluzioni sono note, e le Nazioni Unite raccomandano di agire al più presto. Lo strumento migliore per combattere la desertificazione è la restaurazione ecologica dei territori afflitti o minacciati dal fenomeno. Imitando il più possibile la natura si possono restaurare gli ambienti e gli ecosistemi riportando acqua e vegetazione originaria su terreni impoveriti dal riscaldamento globale o dall’eccessivo sfruttamento agricolo. Si stima che se queste misure saranno messe in atto entro il 2030 nelle aree più a rischio del pianeta, ad esempio nel Sahel, si potrebbe evitare la migrazione di 700 milioni di persone che altrimenti sarebbero forzate a partire a causa della scarsità delle risorse. Altre soluzioni al problema sono la scelta di colture che richiedano meno estensione di terreno e meno acqua, e la riduzione del consumo di carne globale che si tradurrebbe in meno coltivazioni, meno pascoli e meno acqua da destinare agli allevamenti. Tra l’altro queste pratiche sono economicamente convenienti: ad esempio in Nigeria, negli ultimi 20 anni, sono state applicate pratiche agroforestali sostenibili su 5 milioni di ettari (un’area grande quanto Piemonte e Lombardia) con il risultato di sottrarli al rischio di desertificazione; il tutto al costo medio di 20 dollari per ettaro.
Alla Giornata Mondiale per la Lotta alla Desertificazione e alla Siccità abbiamo dedicato la puntata del 16 giugno di “Ecosistema” la rubrica radiofonica di Earth Day Italia, ospitata nel programma “Il Mondo alla Radio” di Radio Vaticana Italia, con l’intervista a Giulio Boccaletti, fisico, climatologo, ricercatore onorario Università di Oxford e autore del libro “Acqua. Una biografia” edito da Mondadori (qui la versione integrale dell’intervista). Di seguito il podcast della trasmissione.
Gli italiani sono i maggiori consumatori di acqua potabile d’Europa: 220 litri al giorno a testa. Dove ridurre questo prelievo? Soltanto chiudendo il rubinetto mentre ci si spazzola i denti si risparmiano 200 litri al mese, e 6 litri al giorno mentre si insaponano le mani. Se per balconi e giardini si sceglie un sistema di irrigazione a goccia si risparmia il 70% dell’acqua. Se poi si scelgono piante adatte ai climi secchi, come i cactus, gli agavi, le aloe, i lillà, il rosmarino, la lavanda, il ginepro, l’erica, le innaffiature si riducono praticamente a zero. E poi, come detto, consumare meno carne: secondo le stime, per portare in tavola un chilo di carne bovina sono necessari almeno 11.500 litri d’acqua, tra necessità dell’animale e produzione del foraggio per alimentarlo; per di più, oltre un quinto dell’acqua dolce del pianeta prelevata dall’uomo viene utilizzata per l’allevamento. Ma tutto ciò risulta quasi inutile se chi governa e amministra il territorio non farà la sua parte il prima possibile, per risolvere quello che è un vero scandalo dei nostri tempi: di tutta l’acqua potabile prelevata in natura e immessa nella rete degli acquedotti in Italia, solo il 58%, poco più della metà, viene effettivamente utilizzata: il resto, quasi il 42%, si perde a causa della fatiscenza delle infrastrutture di distribuzione.