Educazione

Dietro ai sottocosto il cappio delle doppie aste al ribasso. In arrivo una legge per vietarle

Ciconte (Terra! Onlus): una delle pratiche più aggressive. Consumatori devono sapere che il basso prezzo sullo scaffale non lo paga la gdo, ma lo scarica sulla filiera

Ogni giorno sui volantini di supermercati, ipermercati e discount si trovano tantissime offerte di prodotti alimentari a prezzi stracciati. Quello di cui non ci si rende conto tuttavia è che spesso per praticare un prezzo così basso la grande distribuzione si rifà su produttori e agricoltori pagando una miseria le materie prime. E questo non fa che alimentare fenomeni come quello del lavoro nero e del caporalato.

Per contrastare questa pratica, a fine giugno la Camera con una maggioranza ampia e trasversale ha approvato un disegno di legge che, una volta passato anche al Senato, limiterà l’utilizzo delle vendite sottocosto e proibirà le aste al doppio ribasso, una pratica commerciale estremamente aggressiva di cui Fabio Ciconte, direttore di Terra! Onlus, ha parlato intervenendo su Ecosistema, trasmissione di Earth Day Italia trasmessa da Radio Vaticana Italia.

 

In cosa consiste la pratica dell’asta al doppio ribasso?

Il meccanismo delle aste al ribasso è quello attraverso il quale le insegne della grande distribuzione acquistano i prodotti che poi diventano quelle offerte sottocosto che troviamo in quei 12 miliardi di volantini promozionali che troviamo nelle cassette della posta, sono l’esca attraverso la quale veniamo poi richiamati dentro un supermercato.

L’asta funziona in questo modo: la singola gdo convoca i propri fornitori chiedendo loro di fare un’offerta al massimo ribasso, ad esempio per comprare 20 milioni di barattoli di pomodoro; dopo qualche giorno fa una seconda battuta d’asta che parte dal prezzo più basso dell’asta precedente e da lì su un portale online i vari operatori possono ribassar l’offerta sempre di più vedendo cosa fanno gli altri competitor in un meccanismo che alcuni hanno definito come gioco d’azzardo perché, pur di accaparrarsi quella partita, si ribassa l’offerta fino ad arrivare sotto i costi di produzione e questo chiaramente è un danno per il settore agricolo, per le filiere alimentari che si ripercuote sempre sugli anelli più bassi che sono i lavoratori delle campagne, i braccianti stranieri che non hanno nessun tipo di peso contrattuale.

 

Vogliamo fare un esempio pratico?

Un gruppo discount chiedeva una fornitura di 20 milioni di barattoli di passata di pomodoro da 700 grammi e con questo meccanismo dell’asta al doppio ribasso si è aggiudicato la partita a 31 centesimi. Facendo i conti tra materia prima, barattolo, etichetta, tappo, costi di produzione e via dicendo 31 centesimi è assolutamente impraticabile come costo e cioè vuol dire che chi ha venduto ha dovuto vendere sottocosto.

Tutto questo per fare in modo che il gruppo discount che ha comprato questo prodotto potesse a sua volta venderlo a un prezzo stracciato, in questo caso il barattolo di pomodoro stava a 39 centesimi a scaffale; un prezzo bassissimo, molto allettante per il consumatore, ma nei fatti un danno enorme per l’intera filiera.

Tra l’altro questa asta veniva fatta nei giorni in cui nelle campagne pugliesi lo scorso anno morivano 16 persone, 16 lavoratori stranieri, in due incidenti alla fine della giornata di lavoro. Questo per dare la dimensione di quanto quando vai a strozzare una filiera alimentare le conseguenze poi le paghi.

 

Quanto è diffusa questa pratica e come può un consumatore distinguere tra una vendita promozionale “eticamente sostenibile” e una vendita che nasconde una pratica commerciale così aggressiva?

Quella delle aste è una delle pratiche in assoluto più aggressive fatta dal mondo della gdo, ma non è l’unica.

Per distinguere gli elementi distorsivi di una filiera o men basta guardare il prezzo perché quando troviamo un prodotto a scaffale che costa pochissimo dobbiamo sapere che quel costo molto basso non lo sta pagando la grande distribuzione, ma lo sta scaricando sulla parte produttiva, sull’agricoltore, l’industriale, allevatore.

L’abbiamo visto anche con il pecorino romano: sono stati comprati 10.000 quintali di pecorino a 5 euro al chilo, un prezzo molto al di sotto dei prezzi di produzione per avere dei prodotti a basso costo sullo scaffale.

Il messaggio che dobbiamo lanciare è quello di diffidare sempre da quei prodotti che costano molto poco sullo scaffale del supermercato: certo sono molto allettanti in una fase di congiuntura economica sfavorevole per tutti noi consumatori, ma dall’altra parte dobbiamo sapere che queste cose portano alla rovina del settore produttivo, degli agricoltori, dell’ambiente e di chi poi ci lavora, penso ai braccianti nelle campagne.

 

Il disegno di legge che è stato appena approvato alla Camera vieta questa pratica e tenta inoltre di disciplinare quello che è il meccanismo delle vendite sottocosto. In che modo?

La legge approvata in prima lettura alla Camera è un passo importante perché testimonia come questa delle aste sia una pratica assolutamente da vietare ed è importante perché è stata votata praticamente all’unanimità dal Parlamento, peraltro su proposta dell’opposizione poi votata anche dalla maggioranza.

Oltre al meccanismo delle aste mette in piedi anche un sistema di tutela rispetto all’uso spesso scomposto che si fa del sottocosto normandolo in alcuni suoi punti.

Il sottocosto è già normato in alcune sue parti, questa legge aggiunge il fatto che tutte le operazioni di sottocosto non possono essere fatte in maniera unilaterale, ma devono essere condivise anche dalla parte produttiva quindi se io grande grade distribuzione voglio vendere sottocosto un prodotto devo accordarmi con chi quel prodotto l’ha realizzato.

 

Non c’è comunque il rischio che il grande peso che ha comunque la gdo possa determinare l’impossibilità da parte del produttore di opporsi a una vendita sottocosto?

Il rischio c’è e ci sarà quindi l’elemento principale su cui dobbiamo fare leva è far capire alla grande distribuzione, e su questo i consumatori hanno un potere maggiore di quanto si possa immaginare, che il continuo spingere sui prezzi bassi per attrarre nuovi consumatori nelle singole insegne non è più l’elemento su cui giocare perché oggi i consumatori vogliono la qualità del prodotto, vogliono un prodotto che sia etico, un prodotto che sia diciamo a km0 o a km vero.

Penso che la grande distribuzione debba fare un’operazione culturale per interrompere questo meccanismo che si basa solo sui prezzi all’inseguimento di pratiche che storicamente porta avanti il discount.

 

Quali quali sono i tempi per un’approvazione definitiva della della legge e quali i prossimi passi sulla strada della normalizzazione del rapporto tra gdo e  produttori?

I tempi non li conosciamo perché li decide naturalmente il Parlamento, in questo caso il Senato. Chiaramente spingeremo perché venga approvato il prima possibile.

Poi c’è ancora tanta strada da fare sul lato della trasparenza delle filiere, bisogna comunicare ai consumatori cosa c’è dietro un singolo prodotto, magari indicando chi sono i produttori e i fornitori aumentando il livello di consapevolezza nostra e il livello di responsabilità della grande distribuzione.

C’è il tema del mondo agricolo che deve cambiare cultura imprenditoriale perché non è più possibile che nel 2019 ci siano ancora delle persone che lavorano nei campi in condizioni che sono vicine alla schiavitù.

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