Ecosistema si occupa di agricoltura verticale: soluzione sostenibile che risparmia acqua e suolo, ideale per paesi e comunità che non dispongono di terreni fertili e climi favorevoli.
Pensando all’agricoltura vengono alla mente vaste distese di campi coltivati, zolle di terra arate e le campagne con l’orizzonte libero da palazzi e strade asfaltate. Ma in un prossimo futuro potrebbe essere più familiare guardare verso l’alto, all’interno di un palazzo pieno di piante, nel bel mezzo di una metropoli.
“Ecosistema” la rubrica radiofonica di Earth Day Italia trasmessa da Radio Vaticana, si è occupata questa settimana di “vertical farming”, agricoltura verticale, ospitando Ludovico Sargolini, co fondatore di Vertifer: startup che ha avviato una produzione di micro ortaggi in un locale commerciale dismesso a Roma. Ascolta di seguito il podcast della trasmissione.
Questa evoluzione dell’agricoltura tradizionale risponde ad alcune esigenze di sostenibilità e scarsità di risorse che la situazione mondiale sta già presentando all’umanità: sovrappopolazione, consumo di suolo, mutazioni del clima, eventi estremi, riduzione delle riserve idriche, infertilità dei terreni, danni alle coltivazioni da parte di parassiti e malattie. Tutti questi fattori negativi posso essere evitati coltivando al chiuso, in strutture a sviluppo verticale, con temperature e ambienti controllati, senza bisogno di terreno e con una drastica diminuzione del consumo d’acqua.
In diverse parti del mondo esistono già sperimentazioni e progetti di “fattorie verticali”: possono essere grattacieli o torri appositamente progettati, oppure impianti industriali o capannoni dismessi da ristrutturare nella logica del recupero edilizio. Strutture che ovviamente possono sorgere anche nelle città, dando un senso ancora più letterale alla definizione di produzione e consumo “a km zero”.
A seconda del tipo di edificio utilizzato, luce e calore vengono da lucernari, finestre e da impianti di illuminazione artificiali, oppure solo da questi ultimi. L’irrigazione è fornita da vasche e tubature che minimizzano consumi e spechi. Essenzialmente ci sono tre tipologie di agricoltura verticale. La più diffusa è l’idroponica: prevede che le piante crescano in acqua (o anche su un substrato di materiale inerte, come argilla o fibre vegetali) in cui vengono disciolti i nutrienti che in natura provengono dal terreno. L’acquaponica è un’evoluzione della tecnica precedente: l’acqua per le piante, proviene da vasche in cui sono allevati pesci e altri organismi: le sostanze di scarto degli animali, ricche di nutrienti, vengono filtrate dalle radici che restituiscono acqua pulita alle vasche d’allevamento. Un circuito chiuso che minimizza consumi e scarti. Infine c’è l’aeroponica, che non prevede né vasche, né substrato: le piante sono “appese” con le radici esposte, e l’acqua con i nutrienti viene nebulizzata nell’ambiente
A favore di questo sviluppo giocano fattori come la crescente crisi idrica che riguarda tutti i continenti; così come quella climatica che rende irregolari le alternanze tra le stagioni, e più frequenti gli eventi estremi nocivi alle coltivazioni. Altri motori di sviluppo del settore sono il miglioramento tecnologico e l’abbassamento dei costi degli impianti di generazione di energia pulita (eolico, solare ecc.), dei sensori che devono monitorare la crescita delle piante, e della robotica che può giocare un ruolo nella raccolta e nella gestione degli impianti.
Di contro si può affermare che ancora si è lontani da quelle produzioni di cibo su vasta scala, necessarie a garantire la sicurezza alimentare dell’umanità: grano, mais, tuberi e riso, alla base delle diverse culture alimentari, hanno bisogno di terreni e animali impollinatori che il vertical farming attualmente non può sostituire; ed inoltre le infrastrutture necessitano di molta più energia (illuminazione, climatizzazione, pompaggio idraulico, macchinari e sensori) rispetto alla tradizionale cura dei campi agricoli.
Il vertical farming è comunque già oggi sperimentato e avviato in paesi ricchi di capitali ma carenti di territori fertili; come gli Emirati Arabi Uniti e Singapore che di recente hanno avviato progetti imponenti. Attualmente il mercato mondiale dell’agricoltura verticale muove circa 6 miliardi di dollari e, secondo le previsioni, raddoppierà nei prossimi cinque anni a un ritmo di crescita del 20% annuo.