Fenomeno in declino ma ancora presente in sette “hot spot” italiani il bracconaggio è uno dei più odiosi reati contro la natura. La LIPU e i Carabinieri hanno presentato il bilancio dell’annuale operazione di contrasto alla caccia illegale ai rapaci migratori sullo stretto di Messina.
Più della metà degli uccelli migrano annualmente, principalmente per nidificare e cercare cibo per allevare i loro piccoli. La migrazione è necessaria alla loro sopravvivenza e diverse specie hanno sviluppato schemi di migrazione in diversi periodi dell’anno che garantiscono a sé stessi e ai propri piccoli maggiori possibilità di sopravvivenza. Le rotte sono le stesse da migliaia di anni e una di queste è proprio attraverso lo stretto di Messina, uno dei sette black spot italiani del bracconaggio, ovvero la caccia di frodo. Vengono chiamati così i luoghi dove le migrazioni sono più frequenti e in Italia ne esistono altri sei che sono: il delta del Po, le prealpi lombardo-venete, le coste pontino-campane e quelle pugliesi e, ancora, la Sardegna meridionale e la Sicilia occidentale.
Il bracconaggio agli uccelli è più intenso sullo stretto perché tutte le primavere, più di 20.000 rapaci migratori attraversano il braccio di mare tra Messina e Reggio Calabria per raggiungere i luoghi di nidificazione in Italia e in Europa. La Lipu (Lega Italiana Protezione Uccelli) si impegna da anni a combattere questo fenomeno: insieme ai Carabinieri Forestali i volontari dell’associazione sono impegnati da diversi anni nella “Operazione Adorno”: un servizio antibracconaggio di alcune settimane che ha dimostrato una notevole efficacia nella repressione della caccia di frodo. Tra aprile e maggio i volontari sono impegnati in controlli e coadiuvano le forze dell’ordine nel contrasto al fenomeno criminale.
Grazie alle nuove leggi e le campagne che la Lipu ha attivato fin dal 1985, il fenomeno del bracconaggio è in declino, ma non è scomparso: “Rimane uno zoccolo duro di bracconieri che non demordono” dichiara Giovanni Albarella, Responsabile antibracconaggio e attività venatorie della Lipu.
L’operazione anche quest’anno è stata portata a termine grazie al coordinamento con Legambiente, WWF e Man (Associazione Mediterranea per la Natura) ed è terminata con un arrestato e otto denunciati, oltre al sequestro di armi clandestine, reti e trappole. Nel corso dell’operazione è stato anche salvato un falco pecchiaiolo ferito a colpi di fucile dai bracconieri. Il falco pecchiaiolo (il cui nome nel dialetto locale, adorno, dà il nome all’operazione) è un assiduo frequentatore della zona ed è diffuso in tutta Europa, per quanto in Italia subisca il peso della caccia durante le migrazioni. Ma le specie che attraversano lo stretto sono moltissime. Nell’attività di controllo la Lipu ha censito anche il passaggio di migliaia di esemplari di falco di palude e nibbio bruno (entrambi vulnerabili), ma anche capovaccai, albanelle, sparvieri e falchi pescatori. Ai rapaci si aggiungono inoltre altre specie vulnerabili e bersaglio dei bracconieri, come le cicogne bianche e le cicogne nere.
Tra i rapaci, è interessante citare il caso del capovaccaio, il più piccolo avvoltoio europeo, chiamato anche “avvoltoio degli egizi”. La specie è declino in Italia fin dagli anni ’60; tanto che nelle regioni settentrionali e in Campania il capovaccaio è totalmente estinto. Questo declino è attribuibile alla delicatezza della specie nel periodo riproduttivo. È determinante in questo senso la protezione della specie nei siti residui di nidificazione da fattori di disturbo e, ovviamente, da attività di bracconaggio. Solo nel caso in cui il successo riproduttivo di questa specie aumenti, c’è la possibilità che non si estingua nei prossimi cento anni. Per ora la probabilità che l’estinzione del capovaccaio avvenga nel prossimo secolo è di più del 90% (fonte: Capovaccaio. Uccelli da proteggere).