Un cortometraggio in concorso sul sito della RAI racconta una classica crisi di coppia prendendo spunto dagli studi scientifici che mettono in relazione inquinamento e salute. Abbiamo intervistato gli autori: Marta Angelucci e Dario Ciulla.
Tra le molte emergenze ambientali una delle più minacciose e di difficile soluzione è la dispersione di sostanze chimiche artificiali e tossiche nell’aria, nel cibo e nel terreno. Un dramma per il pianeta, ma anche per la salute umana, cui sarà difficile porre rimedio e di cui è ormai certo stiamo già pagando il conto. A questo link, ad esempio, un testo del Ministero della Salute che mette in relazione diverse patologie riproduttive con le sostanze chimiche tossiche disperse nell’ambiente e utilizzati per i prodotti in plastica.
Da questo problema c’è chi ha preso spunto per un cortometraggio, “Plastica”, la storia di un rapporto di coppia messo in crisi da un fattore inconsueto: l’inquinamento. Non è inconsueto che le tematiche dell’ecologia rientrino nelle trame delle opere di fiction, ma in questo caso gli autori ne hanno fatto non solo la premessa ma anche l’elemento portante e, in certo senso, l’antagonista della coppia di protagonisti.
ALLARME SPOILER!
Nel seguito dell’articolo e nell’intervista si fa esplicito riferimento alla trama e al finale. Si consiglia la visione del cortometraggio prima di proseguire con la lettura. L’opera è visibile gratuitamente a questo link.
“Plastica” racconta infatti il progressivo deterioramento del rapporto sentimentale tra Marco e Sara: una giovane coppia in crisi per l’apparente disinteresse di lui. A ciò si aggiunge una malessere fisico del protagonista che le debilità sempre più. La triste realtà, come scopriranno i due, è che le cause non sono psicologiche ma fisico-chimiche, probabilmente causate da quelle sostanze che il titolo riassume in una parola, e nelle quali la loro (come la nostra) vita è completamente immersa.
Il corto, realizzato in appena due giorni (come richiesto per partecipare al “48 Hour Film Project”) ha avuto la sua prima al Taormina Film Fest del 2019; ha poi partecipato a diverse rassegne: Fiorenzo Film Festival, Geo Film Festival, Cefalù Film Festival, CortoConfine IFF; ha ricevuto il premio del pubblico e la menzione d’onore di Legambiente al Picentia Short Film; ed ha vinto il premio speciale al Siciliambiente del 2019. Attualmente l’opera è in concorso nel Festival (virtuale) Tulipani di Seta Nera: una rassegna di 50 corti visionabili sul sito RAI http://www.tulipanidisetanera.rai.it, che resteranno poi nell’archivio pubblico di RaiPlay. Il premio del pubblico verrà assegnato in base alle visualizzazioni sul sito fino al 17 giugno. Il 22 giugno si esprimerà poi la giuria di esperti per i classici premi per film, regia, attori ecc. Prodotto dall’esordiente Damaus insieme a DUEL Produzioni e Wrong Way Pictures, “Plastica” è firmato da due giovani autori: la sceneggiatrice Marta Angelucci e il regista Dario Ciulla.
Da dove nasce l’idea di rendere la plastica l’elemento centrale e dirompente di una storia di coppia?
[Marta Angelucci] Un articolo mi colpì molto ai tempi: parlava dell’effetto delle microplastiche sull’apparato riproduttivo umano e sul desiderio sessuale dell’individuo. L’ambiente sembra una cosa esterna a noi il più delle volte, un problema da risolvere, ma che non ci riguarda mai in prima persona. Che succede quindi se agisce direttamente su di noi? Volevamo intrattenere con una storia quotidiana, parlando però di un problema globale senza che fosse una sorta di “pubblicità progresso”.
Il finale è forse più sorprendente del tema. Non c’è spazio per la speranza o la reazione al problema, una volta scoperto che l’inquinamento da plastica è responsabile della malattia del protagonista. Questo tipo di messaggio, l’ineluttabilità della minaccia alla salute di tutti noi, va persino oltre le consuete campagne di lotta all’inquinamento e per la tutela dell’ambiente. Perché questa scelta? Un’esigenza artistica di maggiore drammaticità, o il tentativo di dare uno sprone ulteriore alle coscienze degli spettatori?
Nonostante le lotte, le soluzioni messe a punto, lo sforzo delle associazioni, la soluzione del problema ambientale sembra lontanissima. Come si può avere un lieto fine in una coppia se non si sa neanche se lo si avrà a livello globale? Sarebbe stato ipocrita e irreale. Che cosa possono fare due individui rispetto al soffocamento nella plastica di tutto il nostro pianeta? Una speranza c’è, però: l’amore. Il finale chiede proprio questo. Basta l’amore se non c’è il sesso?
A parte il genere dei disaster movie e quello dei documentari è raro che un problema ambientale sia la premessa e il tema centrale di un film. Quanto parte ha avuto la vostra coscienza ecologica nel concepire il film?
[M.A.] Diciamo che la paura ha mosso la penna: la scena del supermercato (quando la protagonista apprende dal telegiornale che le microplastiche possono causare l’impotenza e altre malattie, nda.) era proprio l’ansia che provai nel leggere l’articolo. La plastica è letteralmente ovunque, ne siamo circondati e ancora sembriamo non poterne fare a meno. Come ci si può liberare di un problema che è anche nei nostri stessi vestiti? Quindi più che una coscienza, c’è stata un’ansia di fondo che ha mosso la storia. I protagonisti non hanno coscienza del problema, sono due persone “normali”, sballottate da qualcosa di più grande di loro.
Quali sono state finora le reazioni del pubblico a una trama che certamente è insolita e spiazzante?
Il pubblico è stato fortemente disturbato: quando salivamo sul palco ci guardavano male, spiazzati e un po’ perplessi. Sembravano quasi dirci, “Perché ce l’avete detto? Stavamo bene lo stesso”. Le domande le abbiamo ricevute solo dalle donne. Forse i maschi erano troppo scossi! Parlare dell’impotenza, sebbene qui sia di natura ambientale e colpa dell’inquinamento, è ancora un po’ un tabù, in effetti.
Come hanno reagito gli esperti di ambiente e gli ambientalisti in generale?
Abbiamo avuto delle belle soddisfazioni e chiaramente le reazioni degli esperti ci preoccupavano. Eppure abbiamo ricevuto il premio di Legambiente al Picentia Short Film Festival, che ha scelto “Plastica” per la menzione d’onore. Anche il solo fatto di essere selezionati al SiciliAmbiente è stato una conferma che ciò che abbiamo realizzato è piaciuto. La chicca sono stati i complimenti del rappresentante di Greenpeace che era lì per presentare il documentario sulle microplastiche subito prima del nostro cortometraggio.
La particolarità di quest’opera è l’averla realizzata in appena 48 ore. Che cambiamenti ha implicato questo limite nella preparazione e nella lavorazione del corto?
Innanzi tutto, il vincolo primario dettato dalle 48 ore, era non tanto quello di riuscire a chiudere il corto in due giornate complessive, quanto quello di non superare il minutaggio imposto. Questo ha permesso ai reparti di sceneggiatura, regia e montaggio di collaborare in itinere al fine di offrire il miglior prodotto possibile con i vincoli che avevamo.
Sebbene prima di iniziare le riprese sia stato svolto un egregio lavoro di preparazione, volto a selezionare gli attori, trovare le location, i props di scenografia (oggetti di scena, nda.) e i vestiti, gli imprevisti restano comunque in agguato; a maggior ragione quando sei vincolato ad ultimare un prodotto finito entro 48 ore. Tutti hanno dovuto pensare ed agire in fretta, cooperando, ma al contempo senza trascurare la propria espressività, artistica e personale. A tal proposito, avere sul set un valido aiuto regia, Marco Pecchinino, e una meticolosa segretaria di edizione, Chiara Del Zanno, ha permesso di gestire alla perfezione non soltanto i tempi di ripresa, ma anche e soprattutto quelli del successivo montaggio.
[Dario Ciulla] Alla fine, per offrire una maggiore tridimensionalità al corto, sfruttando ogni secondo che era possibile guadagnare, ho deciso di includere dei finti servizi giornalistici, ideati ad hoc da Marta (Angelucci, nda.), che accompagnassero i titoli di coda. Il fine era quello di mostrare che, seppur romanzati, i fatti narrati contenevano un fondamento di verità.
Il Festival Tulipani di Seta Nera premia sia il gradimento del pubblico, sia i meriti tecnico-artistici delle opere grazie alla giuria di addetti ai lavori. Quali elementi di forza vedete in “Plastica” che possano colpire da una parte gli spettatori e dall’altra gli esperti?
La forza di “Plastica” è racchiusa nell’argomento di cui tratta: l’avvelenamento, lento e silenzioso, causato dalle microplastiche. Pur essendo stato il tema principale di diversi documentari e servizi giornalistici, questo fenomeno, da parte del pubblico, è sempre stato accolto con volubile interesse. L’innalzamento graduale delle acque, la morte dei pesci, la diminuzione dello strato di ozono, sembrano fenomeni apparentemente distanti, che possono sì interessare l’essere umano, ma fino a un certo punto. A tal proposito, sfruttando la vita personale di una coppia comune, abbiamo voluto sottolineare che il problema è concreto; è oggi e ci riguarda tutti.
A favore di ciò, la regia ha voluto adottare dei toni grotteschi, attraverso lunghi piani sequenza e, soprattutto, una fotografia colorata che potesse conferire al protagonista maschile l’immagine di un uomo plastificato, sempre più rigido e glabro.
“Plastica” vuole informare, intrattenendo. Non vuole cadere nei soliti clichées in cui si rischia di incappare quando si tratta di argomenti considerati “alla moda”. Il nostro intento non è quello di giudicare, ma di smuovere le coscienze e speriamo che i giurati del Festival possano provare le stesse emozioni da noi provate in fase di realizzazione.
Una menzione d’onore, però, va fatta a tutti i professionisti, lavoratori del cinema, che hanno collaborato affinché il prodotto riuscisse al meglio. Un messaggio acquisisce molta più rilevanza quando esposto bene e con tutti i mezzi che si hanno a disposizione.
Il buon successo che sta riscontrando “Plastica” vi spinge a continuare ad inserire il tema dell’ambiente nelle vostre opere future? Avete giù idee in questo senso?
Il tema dell’ambiente ci sta davvero a cuore. Ciò nonostante, talvolta parlare troppo di un tema specifico rischia di provocarne l’abuso e il corrispettivo disinteresse. Le battaglie a favore dell’ambiente devono proseguire e si deve dar loro tutto lo spazio che richiedono; specialmente nell’ultimo periodo, dove l’epidemia di Covid-19 ha dato prova che, anche interrompendo le attività per un solo mese, è possibile ridurre notevolmente le emissioni d’inquinamento.
[D.C.] Un’idea che mi stuzzica da un po’ di tempo è di unire il tema inquinamento al vasto e sempre più abusato mondo dei super eroi. Mi piacerebbe analizzare la maniera in cui l’inquinamento è radicato nel nostro vivere comune, al punto da essere ormai diventato parte di esso. Questo, però, vorrei farlo attraverso gli occhi di un bambino di 10 anni, il quale acquisisce i propri super poteri immergendosi volutamente in una pozza di liquami industriali. Le future generazioni sono la speranza per il mondo del domani, il nostro compito è quello d’offrire loro le basi per crearlo. Il cortometraggio, intitolato Powerman, ha vinto il bando NUOVOIMAIE 2019 ed è attualmente in fase di pre produzione.
[M.A.] Naturalmente c’è sempre il pensiero di sviluppare un lungometraggio da “Plastica”. Attualmente ci stiamo lavorando. Serve una produzione che ci creda.
Pensate che il mondo del cinema si occupi abbastanza, e nei giusti toni, della questione ambientale?
Chi vuole occuparsi della questione ambientale lo fa, e anche bene: in modo spregiudicato e senza guardare in faccia a nessuno. Viene in mente, ad esempio, il documentario Cowspiracy, presente su Netflix e prodotto da Leonardo Di Caprio.
Il problema, secondo noi, è che l’inquinamento, fra tutte le tematiche contemporanee, possa avere un interesse minore rispetto ad altre; al punto da non poter essere raccontato attraverso un film di finzione. Con “Plastica” abbiamo voluto dimostrare il contrario. Forse il problema principale, almeno in Italia, è che si è troppo vincolati alle leggi di mercato da non voler dare spazio alle idee dei giovani, che comunque non possono far altro che raccontare del mondo in cui vivono e che forse molti non riescono a vedere.
È anche inconsueto che un corto abbia ancora visibilità e richieste di proiezioni a più di un anno dalla prima. Ci sono altri progetti in vista per “Plastica”?
Per essere un cortometraggio prodotto in meno di 48 ore ci ha dato notevoli soddisfazioni. Prima la proiezione in esclusiva al Taormina Film Fest, poi i complimenti di Greenpeace al Siciliambiente Film Fest e, infine, il premio speciale Legambiente al Picentia Short Film Festival. Con la partecipazione al Festival Tulipani di Seta Nera, “Plastica” avrà finalmente la possibilità di finire sulla piattaforma Raiplay, un degno riposo per un amico che ci ha accompagnato per più di un anno di vita.
Come detto, l’idea di farne un lungometraggio è già in cantiere: la storia ci piace ed è in linea con il cortometraggio, perché intende informare intrattenendo. Chi ha avuto modo di leggerne il soggetto l’ha definito: “un Mago di Oz a tema ambientale”.
Ciò che purtroppo manca è l’interesse concreto da parte di chi permette ai sogni del cinema di potersi realizzare. Speriamo che un’eventuale vittoria al Tulipani possa accendere l’interesse di qualcuno.