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Pianeta Vivere green

Le Campionesse della Terra!

La premier caraibica che richiama i leader dell’ONU alle proprie responsabilità; l’attivista kirghisa che impone al suo governo misure contro l’inquinamento; la veterinaria ugandese che salva gli animali africani coinvolgendo le popolazioni locali; le sub del pacifico che proteggono le barriere coralline. Sono tutte donne le eroine dell’ambiente premiate dall’ONU nel 2021.

Il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) ha nominato i Campioni della Terra 2021. Il riconoscimento premia ogni anno persone, istituzioni e associazioni che si sono distinti per la salvaguardia del pianeta. In questa edizione è stato assegnato a delle donne in ogni categoria prevista dal cerimoniale.

Nella categoria “Leadership politica” è stata nominata, Primo Ministro delle Barbados. Dopo anni di impegno contro l’inquinamento, il cambiamento climatico e la deforestazione, la premier dello stato caraibico è salita agli onori della cronaca con un discorso all’ONU dello scorso settembre in cui ha pronunciato parole che hanno scosso le coscienze: “Il mondo non sa che cosa sta rischiando; e se non lo controlleremo, questo incendio ci brucerà tutti”. Mottley è dunque una di quelle voci che si levano dalle popolazioni meno “influenti” per il cambiamento e meno colpevoli delle condizioni del pianeta, ma più di altre messe in pericolo dalle conseguenze dei cambiamenti climatici.

Eletta nel 2018 è stata la prima donna a capo del suo Paese. Le sue politiche ambientali hanno messo le Barbados sulla strada dell’indipendenza dalle fonti di energia fossile entro il 2030: un traguardo che la quasi totalità degli altri paesi non osa neanche immaginare. La repubblica centro americana ha anche previsto di riforestare il proprio territorio con un milione di alberi, per rendere il territorio più resiliente al riscaldamento globale. Le Barbados sono uno di quegli stati insulari la cui esistenza stessa verrà messa in pericolo nel caso il riscaldamento globale superi i limiti indicati dall’Accordo di Parigi: l’innalzamento dei livelli dei mari e le mutazioni del clima globale, infatti, colpiranno per prime le nazioni più esposte a questi elementi. Una chiave per rendere questi paesi resilienti sono i finanziamenti internazionali, che le stime prevedono oscillare tra i 70 e i 300 miliardi di dollari annui nel prossimo futuro, fino al 2030. In questo paese è già pronto un programma di interventi strutturali denominato Roofs to Reefs (“dai tetti alle scogliere”) per proteggere appunto gli edifici e le coste. “Penso – ha dichiarato Mottley – che la combinazione della pandemia e della crisi climatica rappresenti un perfetto momento politico in cui gli esseri umani possono fermarsi riflettere su ciò che stiamo facendo”.

Il premio per “Scienza e innovazione” è stato assegnato a Gladys Kalema-Zikusoka. Da trent’anni svolge l’attività di veterinaria per gli animali selvatici in Africa orientale e, nel tempo, ha contribuito a curare e salvaguardare alcune tra le specie più a rischio del pianeta, soprattutto primati. Inoltre ha contribuito alla sensibilizzazione e al coinvolgimento delle comunità locali nella conservazione degli animali e degli habitat messi in pericolo in queste regioni dallo sfruttamento economico, e in particolare dal turismo.

Il suo lavoro – ha riconosciuto il Direttore Esecutivo dell’UNEP – ha mostrato come il conflitto tra umani e animali che nasce da ragioni economiche può essere superato quando le comunità locali assumono il controllo della protezione della natura e degli habitat presso cui vivono, creando benefici per tutte le specie”. Il contributo di Kalema-Zikusoka, in particolare da quando è tornata a lavorare nella natia Uganda, è stato puntare a migliorare la sicurezza, la salute, il livello di benessere delle comunità locali, per dare loro più motivazioni a conservare e proteggere la natura e gli animali, abbandonando pratiche deleterie come il bracconaggio, alimentate da disperazione e povertà. L’associazione Conservation Through Public Health da lei fondata, promuove il supporto alle famiglie con la fornitura di sementi ad altra resa per aumentare la disponibilità di cibo; ma soprattutto diffonde pratiche di corretta igiene e sanificazione dei villaggi. Questi cambiamenti hanno contribuito a contrastare la pandemia di Covid in diverse comunità di queste regioni africane; e, in generale, diminuiscono il pericolo delle zoonosi: le malattie che si trasmettono dagli animali selvatici agli esseri umani (e viceversa), facilitate dalla caccia, dalla macellazione e in generale dai contatti troppo ravvicinati. L’organizzazione ha creato un modello di convivenza tra insediamenti umani e aree protette sia in Uganda sia nel vicino Congo; ad esempio promuovendo l’agricoltura biologica senza fertilizzanti chimici e con risparmio di acqua. Nell’affermare l’importanza dell’impegno delle comunità locali, la neo Campionessa della Terra ha dichiarato: “Abbiamo bisogno di più campioni locali, perché queste sono le persone che in futuro prenderanno le decisioni per le loro comunità e i loro paesi”.

La categoria “Visione imprenditoriale” ha celebrato Maria Kolesnikova per la sua attività di sensibilizzazione contro l’inquinamento ambientale in Kirghizistan. Un impegno iniziato nel 2016, quando da una foto panoramica della sua città, Bishkek, Kolesnikova è rimasta colpita dalla cappa di smog che aleggiava sopra la capitale del Paese. L’allora attivista dell’associazione MoveGreen ha iniziato ad installare sensori di monitoraggio della qualità dell’aria per comunicare alla cittadinanza la quantità di polveri sottili (PM2.5) presenti in atmosfera: un servizio che all’epoca l’amministrazione pubblica non forniva ai cittadini. Uno studio recente dell’UNEP rivela che soltanto 57 paesi nel mondo misurano regolarmente la qualità dell’aria e rendono i dati pubblici.

Dai primi tre sensori, installati presso altrettante scuole di Bishkek, oggi MoveGreen, di cui nel frattempo Kolesnikova è diventata direttrice, gestisce 100 stazioni di monitoraggio che, attraverso un’app, informano in tempo reale i cittadini dei livelli di particolato nell’aria. Dopo le iniziali ritrosie delle amministrazioni locali, MoveGreen sta avendo successo nell’attività di sensibilizzazione e nel promuovere leggi che impongano la pubblicazione regolare di dati sull’inquinamento. “Spesso un attivista può perdere motivazioni – ha dichiarato Maria Kolesnikova – Lavori duramente e non vedi i risultati dei tuoi sforzi tanto da pensare di non voler continuare. Ma poi realizzi che no! Qualcuno deve prendersi la responsabilità del futuro. Perché non dovrei essere io?

Il riconoscimento per “Ispirazione e azione” è andato all’associazione no profit Seawomen of Melanesia. Questo gruppo di circa trenta donne, definito dall’UNEP “strumento del cambiamento”, è impegnato nel monitoraggio e nella difesa della barriera corallina che circonda le isole del Pacifico: un’area vasta circa la metà dell’Europa la cui biodiversità è minacciata da inquinamento, pesca, alterazione dell’acidità delle acque, cambiamento climatico e turismo invasivo.

Le attiviste di questa associazione incontrano e dialogano con le comunità locali che vivono sulla costa e praticano la pesca, per ottenere informazioni e collaborazione. In questo modo individuano i punti critici dei fondali che poi esplorano immergendosi, per constatare lo stato di salute degli ecosistemi sottomarini. La loro non è soltanto un’attività scientifica di grande importanza, ma anche una missione di educazione ambientale e consapevolezza diretta alle comunità. Seawomen of Melanesia infatti istruisce, recluta e forma le donne di queste realtà per fare di loro le sentinelle del patrimonio naturale marino. Il programma infatti prevede di insegnare alle allieve le tecniche di immersione e le basi della biologia, per fare in modo che loro stesse portino avanti il monitoraggio delle barriere coralline negli anni a seguire. Una missione non facile: “La prima volta che sono andata in un villaggio di pescatori per reclutare delle donne non volevano neanche ascoltarci – ha dichiarato Israelah Atua, una delle premiate –  Ma le abbiamo convinte che la conservazione del mare è necessaria per proteggere i mezzi di sussistenza”. L’associazione opera dal 2018, con progetti di conservazione in Papua Nuova Guinea e Isole Salomone, e rappresenta un chiaro esempio di come la comunità scientifica e le comunità tradizionali possono cooperare per il fine comune della conservazione del patrimonio naturale.

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