Interviste

L’Italia e la transizione digitale: un problema di infrastrutture

Nonostante le difficoltà nel gestire e progettare le infrastrutture digitali di riferimento, L’Italia ha tutte le carte in regola per portare avanti la transizione digitale e i fondi del PNRR potranno dare un grande aiuto. Ne abbiamo parlato con William Nonnis, analista tecnico operativo per la digitalizzazione e innovazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Nonostante l’Italia sia per dimensioni la terza economia europea dopo Francia e Germania, dati del 2022 presi dalla Commissione Europea che misurano l’indice di digitalizzazione di economia e società (DESI) dei Paesi UE vedono il nostro Paese al 18esimo posto sui 27 membri. Questo indice è la somma di connettività, servizi pubblici digitali, capitale umano e integrazione delle tecnologie digitali.

Un problema che il PNRR sta cercando di risolvere rafforzando il rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione e rendendo le infrastrutture digitali resilienti agli attacchi informatici. Tutto questo in un percorso in cui vita reale e vita digitale si sovrappongono sempre di più.

A parlare di questi temi al Festival dell’innovability Impatta Disrupt è stato William Nonnis, analista tecnico operativo per la digitalizzazione e innovazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, struttura di Missione PNRR. Nella sessione dedicata alla transizione digitale ha spiegato le difficoltà che il nostro Paese sta affrontando dal lato infrastrutturale, ha parlato dei fondi del PNRR varati per questa sfida, ma soprattutto il adeguare il rapporto tra i cittadini e una Pubblica Amministrazione che con gli anni diventerà sempre più digitale. Per riuscire a fare questo c’è bisogno di un salto culturale, fare in modo che il mondo digitale diventi una materia strutturata alla portata di tutti e le cui regole devono essere condivise nel modo più diffuso possibile.

Dottor Nonnis, durante il confronto ha parlato di infrastrutture resilienti. Che cosa intende?

Per poter aderire ai servizi che offriamo alla comunità servono le infrastrutture digitali che permettono di unire i cittadini tra di loro e favorire un dialogo con noi. La pandemia ha messo in luce le difficoltà e le lacune tecniche che ha il nostro Paese, ma grazie ai fondi del PNRR stiamo cercando di risolverle.

Lei ha parlato più approfonditamente di infrastrutture resilienti verso attacchi hacker…

Negli ultimi 3 anni, dalla pandemia in poi, abbiamo subito il 163% di attacchi informatici in più, la maggior parte dei quali ai dati sanitari di ognuno di noi. Questi dati non sono stati gestiti in modo opportuno nella loro custodia data la mancanza di servizi adeguati che ne garantissero la sicurezza. Prendiamo ad esempio dati sensibili come l’aborto, che sappiamo essere anonimo ma la cui registrazione deve essere comunque effettuata presso l’ospedale di riferimento. In caso di un attacco al sistema sanitario potrebbero essere resi pubblici dati più che mai privati.

Durante il suo intervento ha anche accennato al fatto che sia sempre meno riconoscibile la differenza tra vita reale e vita digitale. Ci spiega cosa intende dire?

Le attività svolte con il telefono e quelle svolte fisicamente sono diventate quasi un tutt’uno, permettendoci di accedere velocemente ai servizi proposti e dando più certezze riguardo le informazioni date ai clienti. Nei prossimi trent’anni credo che il digitale prenderà sempre più piede nella pubblica amministrazione, e questo vuol dire processi automatizzati, dal cambio di residenza alla registrazione di un neonato.

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