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Società

Più femminicidi e violenze: la pandemia “pagata” dalle donne (anche in Italia)

In alcuni paesi le violenze sono cresciute del 30% durante il lockdown. In Italia +79% di chiamate di emergenza ma le case rifugio sono solo 272.

Il quinto degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile fissati dall’Agenda 2030 dell’ONU punta alla parità di genere. Tra i risultati da raggiungere per quella data la comunità internazionale ha indicato: la fine delle discriminazioni e delle violenze mirate alle donne e alle ragazze in tutto il mondo; la fine dei traffici di donne a scopo di sfruttamento sessuale; l’eliminazione di ogni forma di coercizione o pratica dolorosa, come i matrimoni forzati e le mutilazioni genitali; il libero accesso per le donne all’istruzione, alla partecipazione alla vita pubblica e alla rappresentanza politica; il riconoscimento e la valorizzazione del lavoro domestico e del ruolo delle donne nel contesto familiare. Purtroppo i numeri dimostrano che siamo ancora molto lontano da questi obiettivi: nel mondo 1 donna su 3 è oggetto di qualche forma di violenza. La pandemia del Covid 19 ha purtroppo peggiorato la situazione: secondo l’ONU i lockdown e la forzata permanenza in casa (dove si consuma la gran parte delle violenze di genere) ha incrementato i casi di violenza fisica, psicologica e sessuale, che in alcuni paesi sono cresciuti del 30%. Il dato risulta ancora più avvilente se si considera che proprio le donne hanno sopportato il peso maggiore nel periodo della pandemia: sono infatti donne il 70% degli operatori sanitari e sociali impegnati in prima linea durante l’emergenza.

Anche in Italia la situazione non è ideale. Secondo l’Istat il 31,5% delle italiane ha subito violenza fisica o sessuale almeno una volta nel corso della vita. I femminicidi del 2019 sono stati 111, di cui l’89% perpetrato da un conoscente della vittima, il 49,5% dal partner del momento, il 22,5% da un familiare (figli, genitori) e l’11% da un partner precedente. I dati disponibili per il 2020 inoltre fanno presagire un aumento generale di questi numeri, dai quali risulta evidente che il contesto quotidiano, familiare, domestico è quello che mette più in pericolo le donne del nostro paese. In questo senso sarebbe necessario un efficiente sistema di accoglienza e protezione per quelle vittime che denunciano le situazioni familiari insostenibili, e chiedono alle autorità un aiuto per allontanarsene.

Purtroppo però le “case rifugio”, le strutture abitative predisposte da associazioni e amministrazioni pubbliche, sono ancora in numero insufficiente ad arginare il problema. Secondo un’analisi recente di Uecoop – Unione europea delle cooperative, sull’intero territorio nazionale operano soltanto 272 case rifugio. Di contro, durante la pandemia le chiamate ai numeri di emergenza anti violenza da parte di donne minacciate sono state oltre 15 mila, 41 al giorno, con un aumento del 79,5% nel 2020 rispetto al 2019. È facile trarre la conclusione che le convivenze continue, lo stress psicologico della pandemia, le difficoltà economiche insorte in questo periodo, e non ultimi i contagi e l’insorgenza della malattia in gran parte dei nuclei familiari, abbia causato un aumento tanto sensibile dei casi di violenza. Secondo i dati, la permanenza delle donne in pericolo nelle case rifugio è, in media, di 259 giorni. La quasi totalità di queste strutture offre alle ospiti servizi di orientamento e accompagnamento per uscire dalla situazione precedente, supporto legale, psicologico, e un aiuto per trovare una nuova sistemazione. Non tutte le case rifugio sono però attrezzate ad ospitare le vittime in una situazione d’emergenza: la percentuale delle strutture disponibili in questi casi scende al 67%, e si trovano concentrate per lo più in alcune regioni (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana). Quella delle case rifugio è sicuramente una rete sociale che dev’essere incrementata e distribuita capillarmente sul territorio, visto che per recuperare una situazione indipendente e la sicurezza della propria quotidianità alle donne vittime di violenza possono occorrere anche anni.

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