Greggi e mandrie distrutte, aziende e case bruciate; 2000 sfollati e 20.000 ettari di boschi in fiamme. L’UCI apre una raccolta fondi da destinare ai sindaci dei comuni colpiti. Il presidente Serpillo: allevamenti, vigne e uliveti le filiere più colpite; urgono ristori e riportare tutti a casa.
Mentre scriviamo la provincia di Oristano continua a bruciare ininterrottamente da circa cinque giorni. Ad un primo focolaio, sembra incidentale sebbene dovuto a cause “umane” (un’auto in fiamme), se ne sono aggiunti numerosi altri nella zona del Montiferru, un’area montana e vulcanica, presso la costa occidentale della Sardegna. Al momento risultano 20.000 ettari bruciati: un’area grande quanto la città di Verona. Gli sfollati ammontano a 2.000 persone, e insieme agli imprenditori della zona, per lo più agricoli, sono le persone che più pagheranno questo che il presidente della Regione Solinas ha definito “un disastro senza precedenti”.
L’UCI (Unione Coltivatori Italiani) ha diramato un comunicato in cui allarma sui danni subiti dalle aziende agricole, dalle case stesse, dalle coltivazioni e dalle greggi della zona. “La nostra Sardegna, ancora una volta, chiamata a sostenere una durissima prova! È giunta l’ora di mostrare solidarietà”. Con queste parole il presidente dell’UCI, Mario Serpillo, ha dato il via a una raccolta fondi per “Aiutare la Sardegna a Rialzarsi”. Chiunque fosse interessato può donare attraverso la piattaforma GoFundMe (questo il link diretto: https://tinyurl.com/5h4u8vxu). Le donazioni saranno destinate a ricostruire le infrastrutture distrutte dalle fiamme. “Le nostre genti non si piegano – ha dichiarato alla stampa Serpillo – […] intendiamo restituire fiducia e dignità al mondo rurale sardo, quello delle campagne, delle realtà produttive che, spesso da sole, fanno mercato, difendono e rilanciano il Made in Italy, risvegliando quel sentimento di identità nazionale che in questi giorni di competizioni olimpiche tanto ci rende orgogliosi”.
Serpillo, anch’egli sardo, è stato testimone diretto del disastro ambientale e sociale. EarthDay.it ha potuto raccogliere la sua testimonianza in questa intervista.
Il Presidente della Regione ha parlato di “disastro senza precedenti”, quali sono le dimensioni dell’emergenza per i coltivatori dell’isola?
Purtroppo si parla di danni ingenti, sia dal punto di vista economico che dei riflessi sociali importanti; ma soprattutto dal punto di vista ambientale e delle attività produttive. L’ordine di grandezza è quantificato in circa un miliardo di euro di danni, stanti le fonti di informazione.
Quali filiere e quali realtà stanno subendo i danni maggiori?
La filiera coinvolta è ovviamente quella boschiva ed ambientale, distrutta per circa 20.000 ettari di bosco. I danni sono ingenti, addirittura con interi greggi e mandrie che sono andate distrutte. Quindi l’allevamento ha subito il danno maggiore, ma anche l’olivicoltura è stata sacrificata: una coltura di gran pregio, assieme alla viticoltura.
Può riferire di ciò di cui è stato testimone diretto?
Ho vissuto personalmente l’incendio al rientro da un importante convegno dell’UCI in materia di enoturismo. Sabato 24 mi trovavo nell’Ogliastra; stavamo rientrando in piena notte, quando ci è apparso in tutta la sua drammaticità uno dei monti sopra Arzana: un monte intero in preda alle fiamme. Uno spettacolo impressionante, drammatico, che ci ha colpiti profondamente; anche per la paura di dover attraversare quell’area completamente in fiamme. Per fortuna siamo riusciti ad andare via incolumi, ma abbiamo toccato con mano il terrore di chi invece ha dovuto evacuare la propria casa in piena notte! Sono sensazioni difficili da descrivere se non le si vive direttamente!
Come giudica la risposta dei soccorsi e delle istituzioni?
Le forze in campo, nonostante la forza della natura devastatrice, hanno in qualche modo cercato di ridurre i danni. Una lotta impari perché la forza del vento ha sospinto ancora di più le fiamme. L’incendio devastante ha completamente avvolto colline, sterpaglie e foresta: un’auto-alimentazione che ha fatto andare le fiamme ad una velocità incredibile. Al di là delle sterili polemiche, si sono battuti come leoni sia la Protezione Civile sia i Vigili del Fuoco, sia gli stessi volontari, in prima linea assieme ai sindaci, che hanno in qualche modo coordinato i soccorsi cercando di salvare vite umane. Prioritariamente una generosa corsa per fare il possibile… o per fare i miracoli, laddove di miracoli c’era un gran bisogno! Credo che dobbiamo ringraziare tutte le forze in campo, mettendo da parte sterili conclusioni o allusioni.
Di che cosa hanno bisogno, nell’immediato e nel breve periodo, le popolazioni e le aziende agricole colpite?
Hanno bisogno di tornare a casa. L’assoluta priorità è cercare di ripristinare una condizione di vita “normale”. Molto importante, quindi, l’aspetto sociale della filiera della trasformazione e anche il danno nella programmazione della vendemmia, che in quelle zone non potrà esserci! C’è immediato bisogno di ristori, di sostegno economico, che significa solidarietà e forte vicinanza delle istituzioni, oltre che della solidarietà sociale ed umana. Certamente, per un Paese civile come il nostro, il sentimento della solidarietà è molto sentito, quindi le istituzioni devono e faranno sicuramente la loro parte. Noi, come Unione Coltivatori Italiani, abbiamo istituito una raccolta fondi destinata ai Comuni e direttamente ai Sindaci, che sono le persone più idonee ad indirizzare le risorse alle popolazioni.
Le indagini sono ancora in corso ma sembra che, se il primo incendio è stato accidentale, altri focolai sarebbero dolosi. Avete sentore di un intento criminale dietro questi roghi?
Non è il momento per il complottismo, né per le semplificazioni: il popolo sardo ha bisogno di coesione e forza economica per ricostruire. Unidos binghimmus ancora! (dal sardo: Uniti vinceremo ancora!).