A Roma la prima italiana della mostra di Sebastião Salgado, che ha viaggiato tra i popoli e i paesaggi della grande foresta amazzonica.
“Queste immagini vogliono essere la testimonianza di ciò che resta di questo patrimonio immenso, che rischia di scomparire. Affinché la vita e la natura possano sottrarsi a ulteriori episodi di distruzione e depredazione, spetta a ogni singolo essere umano del pianeta prendere parte alla sua tutela”
Sebastião Salgado
Fino al 13 febbraio il MAXXI – Museo delle Arti del XXI Secolo di Roma, ospita una grande mostra fotografica di Sebastião Salgado. Titolo e ispirazione sono quanto di più semplice: il primo è “Sebastião Salgado. Amazônia”; la seconda è la volontà di lasciare una testimonianza dei popoli e della natura di questo territorio immenso e fragile, minacciato da speculazioni economiche e interessi politici. Meno semplice è stata la realizzazione di questo progetto, che ha impegnato il settantasettenne fotografo brasiliano per sette anni, spesi in viaggi che lo hanno portato a contatto con diversi popoli originari e al cospetto dei più maestosi paesaggi dell’Amazzonia: “Sette anni di vissuto umano e di spedizioni fotografiche compiute via terra, acqua e aria – ha dichiarato Salgado, che per realizzare i suoi scatti ha convissuto a lungo con diversi gruppi etnici – Sin dal momento della sua ideazione, con Amazônia volevo ricreare un ambiente in cui il visitatore si sentisse avvolto dalla foresta e potesse immergersi sia nella sua vegetazione rigogliosa sia nella quotidianità delle popolazioni native.”
Il risultato di questo sforzo è una mostra di più di 200 fotografie, curata da Lélia Wanick Salgado, compagna di vita e di lavoro dell’artista che lo ha accompagnato nel percorso creativo e nell’allestimento dell’esposizione. Un allestimento che alla forza delle immagini, caratterizzate come tutta l’opera di Salgado da un bianconero plastico e fortemente contrastato, aggiunge le suggestioni di suoni, musiche e video. Il visitatore infatti è accompagnato nelle varie sezioni da suoni della foresta (animali, fruscii, scrosci d’acqua) interpretati dal compositore Jean-Michel Jarre; e in due sale video, le immagini di Salgado sono accompagnate da musiche composte appositamente per questa esibizione da musicisti brasiliani. L’allestimento cerca un “effetto immersione” nelle atmosfere della foresta anche attraverso la scenografia e il posizionamento delle fotografie stesse, che in alcune disposizioni richiamano le ocas, le abitazioni tribali dei popoli amazzonici. Il percorso espositivo segue due temi: i paesaggi naturali e i gruppi umani. Le sezioni “Montagne”, “Fiumi volanti”, “Tempeste tropicali”, “Foresta”, “Isole nel fiume” e “Panoramica” presentano foto di largo respiro che mostrano di volta in volta il “mare verde” dell’Amazzonia visto dall’alto, le possenti alture che dominano questa parte di Sudamerica, le isole di vegetazione al centro del Rio Negro, le colonne d’acqua che piovono sulla foresta, e le masse di vapore acqueo che sollevandosi dalla vegetazione si spostano verso altre regioni del continente come veri fiumi aerei. Nella parte destinata al reportage sociale sono ritratti i rappresentanti degli Awà-Guaià, dei Korubo, degli Yawanawà: popoli originari che lottano per la sopravvivenza; alcuni impegnati in battaglie legali per rimanere o rientrare in possesso dei loro territori ancestrali, altri addirittura tuttora incontattati e dunque ancora più fragili, esposti come sono alle malattie portate dai “colonizzatori”. Una “fotografia di impianto umanista” come l’ha definita Roberto Koch – editore dell’agenzia Contrasto che produce la mostra insieme al MAXXI – attraverso cui “possiamo capire il mondo”, imparare “a conoscere il cuore verde e prezioso del nostro pianeta e a capire come dobbiamo preservarlo”.
Ma Salgado non è solo un artista impegnato a documentare e denunciare le minacce all’ambiente e alle popolazioni amazzoniche. Con la no profit Instituto Terra, la sua famiglia promuove e attua il rimboschimento di territori resi sterili dall’agricoltura intensiva e dal taglio delle foreste. Una missione iniziata con la proprietà di famiglia dove Salgado è cresciuto e che lasciò giovane per diventare un fotografo di fama mondiale, che oggi è uno dei laboratori di rinaturalizzazione più avanzati del pianeta. Una storia di impegno e tenacia resa celebre dal documentario “Il sale della Terra”, diretto dal figlio Juliano e da Wim Wenders, candidato all’Oscar nel 2015. Juliano Salgado ha raccontato la situazione che vive l’Amazzonia brasiliana e l’esempio concreto di Instituto Terra in questo video messaggio inviato alla scorsa edizione della maratona multimediale One People One Planet, in occasione dell’Earth Day 2021.