I resti ritrovati a Castel di Guido, ai margini del suo territorio, sarebbero del capo del branco di lupi che ha riportato la specie nel Comune di Roma. Probabilmente investito da un’auto, era scomparso da giorni dalle fotocamere del monitoraggio della LIPU.
Alcune settimane fa siamo stati testimoni della segnalazione e del ritrovamento di una carcassa di lupo da parte del gruppo di monitoraggio dell’Oasi LIPU Castel di Guido. In seguito alla segnalazione di alcuni cittadini della zona (Aurelia – Castel di Guido) i resti dell’animale, probabilmente investito da un’auto, sono stati trovati in un fosso adiacente all’omonima via che porta all’Azienda Agricola gestita dal Comune. Da diversi anni un branco familiare di lupi si è stabilito in questi luoghi, occupando un territorio caratterizzato da insediamenti suburbani, fattorie e casali privati, attività economiche, le aree selvatiche della Riserva del Litorale Romano e, appunto, una delle maggiori aziende agricole pubbliche d’Italia.
In questa video intervista Marco Antonelli commenta la notizia della scomparsa del lupo, le motivazioni e le possibili implicazioni per il futuro del branco.
Già dal primo esame visivo dei resti del lupo, i naturalisti che studiano questo branco fin dall’inizio ipotizzavano potesse trattarsi di “Nerone”, il capobranco dei lupi di Castel di Guido, che aveva preso la leadership della famiglia accoppiandosi con la lupa dominante, Aurelia, e dando vita ad almeno due cucciolate negli anni passati. Oggi la LIPU, in attesa di conferme definitive dagli esami genetici in corso, dà quasi per certa l’identificazione di Nerone, in occasione di un incontro pubblico presso l’Azienda Agricola Castel di Guido. Il convegno, dal titolo “Il lupo nel litorale romano: conoscerlo per conviverci”, è stato organizzato per aggiornare la cittadinanza sulla presenza della specie nella zona, per riferire delle soluzioni di convivenza, e per rispondere a dubbi e curiosità delle persone che frequentano l’area protetta e la zona circostante.
Ad avvalorare la tesi sull’identità dell’animale, c’è il fatto che nelle settimane precedenti al ritrovamento, Nerone fosse “scomparso” dalle riprese delle fototrappole del monitoraggio; ulteriore indizio la colorazione particolare del manto del lupo trovato morto: caratterizzato da ampie porzioni di pelo nero distribuite sul corpo e sulla testa, indice del suo essere un ibrido cane-lupo. Come confermato dalle analisi genetiche sugli escrementi raccolti negli ultimi anni dai responsabili del monitoraggio della LIPU, Nerone era infatti nato da un incrocio cane-lupo di prima o seconda generazione. Due anni fa aveva sostituito il precedente capobranco locale, Tullio, che invece era un lupo appenninico “puro”, nella formazione della coppia alpha con la lupa Aurelia. La nascita delle successive cucciolate ibride era stata prima temuta e poi confermata dal gruppo di monitoraggio, che aveva inutilmente tentato di far intervenire le istituzioni per catturare e sterilizzare Nerone, allo scopo di non contribuire all’ibridazione della specie canis lupus italicus, peculiare della nostra penisola, e appunto a rischio ibridazione per il fenomeno del randagismo canino dilagante in Italia.
Con il lavoro di monitoraggio dei prossimi mesi, i ricercatori dell’Oasi LIPU dovranno verificare chi eventualmente prenderà il posto di Nerone come capobranco del Litorale Romano, o se Aurelia, la matriarca, e i loro figli rimasti finora con lei, si disperderanno in cerca di nuovi territori e nuovi partner.