Il direttore di Urban@it analizza la situazione della mobilità urbana e dell’innovazione tecnologica nel nostro paese. Servono un’Agenda Digitale Nazionale e investimenti dello Stato sulle città.
Il 21 maggio è iniziata la terza edizione del Festival dello Sviluppo Sostenibile, una serie di incontri, eventi e convegni su tutto il territorio nazionale, che andrà avanti fino al 6 giugno. Il Festival, organizzato dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile con circa 200 tra associazioni, reti e realtà aderenti, ha come slogan #MettiamoManoalNostroFuturo”. Uno dei campi dove è più visibile questa necessità di azioni concrete è quello urbano: le “smart cities”, città intelligenti del futuro sono oggetto dell’Obiettivo 11 dell’Agenda 2030 dell’Onu, che vuole renderle più inclusive, resilienti, sicure e sostenibili. Se ne parlerà giovedì 30 maggio in Campidoglio in un convegno aperto al pubblico dal titolo “Innovazione e mobilità dei cittadini per lo sviluppo urbano sostenibile”. Per introdurre i temi di questo incontro abbiamo intervistato Walter Vitali, direttore esecutivo di Urban@it, il Centro Nazionale di Studi per le Politiche Urbane, e responsabile del gruppo di lavoro sull’Obiettivo 11 dell’AsviS. L’intervista è stata trasmessa da “Ecosistema”, il programma radiofonico di EarthDay.it in onda ogni martedì su Radio Vaticana Italia.
Quali sono gli obiettivi e i temi del convegno?
I temi sono i due del titolo. Da un lato la mobilità, un grande tema per le città: per vincere la congestione e affermare i modi sostenibili di spostarsi e trasportare persone e merci. Dall’altro lato c’è il tema dell’innovazione, che noi definiamo soprattutto come digitale: innovazione nelle possibilità di trasmettere dati; di costruire progetti per le smart city; di dare ai cittadini maggiori possibilità di utilizzare i servizi. Questo lo facciamo sempre nell’ambito della nostra idea di un’agenda urbana per lo sviluppo sostenibile che sia costruita sugli obiettivi da raggiungere. Ci siamo dati questi obiettivi e li abbiamo indicati in un lavoro fatto da Urban@it lo scorso anno insieme ad ASVIS, che stiamo aggiornando in questi giorni.. Perciò abbiamo dei dati abbastanza freschi. Purtroppo non ci siamo. Per quanto riguarda la mobilità, come dice anche un rapporto recente del Kyoto Club, nelle quattordici città metropolitane italiane l’auto è ancora il mezzo più utilizzato: l’auto è utilizzata nel 60% degli spostamenti, rispetto agli altri mezzi di trasporto. Quindi è ancora troppo. Avevamo indicato l’obiettivo del 50% al 2020, che purtroppo ormai non è più raggiungibile. Ma l’importante è cercare il più possibile di raggiungere l’obiettivo stabilito. Per quanto riguarda l’innovazione, ci eravamo proposti l’obiettivo di avere un uso di internet da parte dei cittadini almeno uguale a quello della media europea. I recenti dati di Eurostat ci dimostrano che nelle aree urbane europee circa l’88% degli individui ha usato internet negli ultimi tre mesi. In Italia siamo dodici punti sotto, cioè al 66%. Raggiungere questa media europea nel 2020 (questo era l’obiettivo) è impossibile. Nel corso del convegno discuteremo non solo dei problemi ma anche delle opportunità.
Questo gap è dovuto più all’attitudine dei nostri concittadini o alle carenze infrastrutturali? Le faccio l’esempio della mobilità condivisa: a Roma, Milano e nelle grandi città ha un certo successo, però si scontra con il traffico e le condizioni delle strade che certamente scoraggiano questo tipo di soluzione. Il gap è una questione di innovazione tecnica e infrastrutturale oppure culturale?
Entrambe le cose. La mobilità è un buon esempio perché è il settore in cui l’utilizzo di queste tecnologie effettivamente può consentire progressi rilevanti. La mia opinione è che valgano entrambe le cose. Cioè, da una parte questo gap negativo per l’Italia è dovuto a una minore abitudine ad utilizzare queste tecnologi; perché nelle competenze digitali noi verifichiamo probabilmente il gap più elevato di tutti i vari campi nei quali abbiamo un ritardo. Dall’altra parte c’è il problema delle infrastrutture. Qui entra però in gioco la rivoluzione del 5G: le nuove tecnologie per la telefonia mobile che stanno entrando in funzione, per le quali in pratica rinnoveremo completamente tutte le nostre modalità di trasmettere i dati. Non entrando tanto nel merito diciamo che, anziché avere qualche grande antenna, avremo tante piccole antenne; questo consentirà una maggiore velocità di connessione dei dati e anche una maggiore affidabilità. Grazie alla tecnologia 5G saranno supportate una serie di innovazioni avveniristiche e futuribili, come la guida automatica nei veicoli. Ma, senza pensare a questo bastano anche le cose che lei citava. A Bologna, ad esempio, recentemente è entrato in funzione Mobike, un sistema di biciclette messe a disposizione da una ditta che ha vinto un appalto comunale. Mobike si basa proprio sull’uso delle app e sta funzionando molto bene. Naturalmente sono cose che devono essere incentivate, anche sulla base della disponibilità dell’infrastruttura su cui farle funzionare. Quindi la seconda tavola rotonda del convegno, che dedicheremo al 5G, cercherà di illustrare quali sono le novità introdotte nelle cosiddette smart city grazie a questo nuovo sistema di trasmissione dati. Questo si basa sull’assoluta esigenza del nostro paese di darsi un’Agenda Digitale Nazionale con degli obiettivi. In parte è stato fatto, intendiamoci, però purtroppo verifichiamo che ci sono dei ritardi; si tratta di lavorare per superarli. In fondo “sviluppo sostenibile” significa anche questo: mettere a disposizione dei cittadini delle modalità meno inquinanti, come gli spostamenti senza l’uso dell’auto, e modalità tecnologiche più efficienti che ci consentano di risparmiare tante cose; a partire dal tempo.
Circa un anno e mezzo fa, in un’altra intervista sulla resilienza delle nostre città lei ci disse che le città più pronte erano Bologna, Ancona e Venezia. Nel convegno avrà tra gli ospiti gli amministratori di Roma e Milano. Dovrete rimproverarli? Tirar loro le orecchie? O stanno facendo comunque un buon lavoro nel loro ambito?
Si fanno tante graduatorie, e quindi ci sono città o amministrazioni che vengono ritenute più innovative. Ad esempio, non c’è dubbio che per tanti aspetti Milano oggi sia tra le città italiane più all’avanguardia e capace di innovare. Però io sono convinto che il problema non sia tanto quello di criticare gli amministratori, quanto di metterli in condizione di fare meglio. Ad esempio Roma, un’amministrazione che per tanti versi è criticata, ha però un suo piano della resilienza: un piano di adattamento ai cambiamenti climatici. Un paio di anni fa ha vinto anche il premio Bloomberg a livello internazionale per questo. Insomma resto sempre dell’idea che occorrono politiche nazionali, e Urban@it predica un po’ questa posizione. Noi riteniamo che senza politiche nazionali sia difficile che le città possano progredire. È evidente che, vista anche la distribuzione della popolazione nazionale, al di là di tutte le funzioni più avanzate che sono nei grandi aggregati urbani, se il paese non investe nelle proprie città, se non le mette nelle condizioni di essere più attrattive, più inclusive, di risolvere i propri problemi, difficilmente potrà fare dei passi in avanti.