Ecosistema, la rubrica radiofonica di Earth Day Italia su Radio Vaticana, presenta i temi del convegno che ha celebrato i 100 anni del vincolo idrogeologico e forestale.
Il 30 dicembre del 1923 venne promulgata la cosiddetta Legge Serpieri, in vigore ancora oggi, che rappresa una pietra miliare per la protezione dell’ambiente. Il Regio decreto-legge n. 3267 “Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani” è stato il primo strumento legislativo italiano orientato a tutelare sia gli ambienti naturali, sia l’economia dei territori che, soprattutto in montagna, si basavano sullo sfruttamento di boschi, cave e alvei fluviali. Dal 2023 insomma si è istituito quel vincolo idrogeologico e forestale per cui chiunque voglia modificare il territorio deve ottenere un nulla osta amministrativo.
L’importanza, ancora attualissima, di questa materia risulta evidente leggendo l’articolo 1 della legge: “Sono sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici i terreni di qualsiasi natura e destinazione che […] possono con danno pubblico subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque.”
Per celebrare il centenario del vincolo idrogeologico e forestale, lunedì scorso si è tenuto a Roma il convegno: “Vincolo idrogeologico e forestale 1923-2023: applicazione, gestione, prevenzione – stato dell’arte e prospettive future”; organizzato e animato da Città metropolitana di Roma Capitale, ISPRA, Ordine dei Geologi del Lazio, Regione Lazio, Società Geologica Italiana, Società Italiana di Geologia Ambientale e Federazione Ordine Dottori Agronomi e Forestali del Lazio. Ne abbiamo parlato nella puntata odierna di Ecosistema, la rubrica di Earth Day Italia trasmessa ogni giovedì da Radio Vaticana Italia, con i contributi di Simonetta Ceraudo, presidente dell’Ordine dei Geologi del Lazio, e Gianluca Piovesan, professore ordinario di Assestamento Forestale e Silvicoltura all’Università della Tuscia. Di seguito il podcast della trasmissione.
L’argomento è di scottante attualità. Ricordiamo alcuni dati: oltre 7000 comuni italiani, il’94% del totale, sono a rischio frane, alluvioni o erosione costiera. Dieci tra regioni e province autonome hanno il 100% dei comuni interessati da uno o più di questi rischi: Valle D’Aosta, Trento, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Molise, Basilicata e Calabria. Con scarsa lungimiranza il nostro Paese ha speso per la prevenzione del rischio idrogeologico soltanto 2 miliardi, nel periodo 2013-2019. Nel frattempo il costo delle emergenze dello stesso periodo è stato dieci volte tanto: 20 miliardi; senza contare i costi sostenuti dai privati (fonte dati: rapporto “I territori e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile” – Asvis 2023)
Il convegno di lunedì scorso ha dato voce anche a Carabinieri Forestali e studiosi delle discipline che riguardano boschi e foreste. In questo momento storico, dopo decenni di abbandono delle campagne e delle aree interne, soprattutto sulle montagne, il numero di alberi è cresciuto di molto lungo tutta la penisola, fino a ricoprire di boschi, foreste e vegetazione in generale oltre un terzo del Paese. Le stime più aggiornate parlano di oltre 12 miliardi di alberi dalle alpi alle punte dello stivale: vuol dire 200 alberi per ogni cittadino italiano.
Dove si trovano tutti questi alberi? Un terzo crescono su terreni pubblici: 139 riserve naturali, ma anche parchi e giardini, scuole, ville storiche. Due terzi si trovano invece su proprietà private: oltre a parchi e giardini privati, ci sono boschi coltivati per il legno o per i frutti. Sono quasi 3000 i boschi da seme. Mentre i boschi vetusti – quelli caratterizzati da piante tipiche del territorio e più vecchi di 60 anni – sono 166; e rappresentano il fiore all’occhiello del nostro scrigno verde. Per chiarire che questo patrimonio non è solo vegetale, uno studio del Ministero dell’Agricoltura ci ricorda che nei boschi italiani prosperano 117 specie di mammiferi, 46 di anfibi, 250 specie di uccelli e ben 5000 di funghi. Quando si dice: scrigno di biodiversità.
Molto di questo tesoro nazionale è ancora fiorente proprio grazie al vincolo idrogeologico e forestale istituito nel 1923. Ma ovviamente bisogna vigilare e tutelare, perché, ad esempio il 70% degli alberi italiani si trova in aree non protette e, sebbene l’80% risulti in buona salute, il restante 20% è colpito da varie patologie: malattie dei tronchi e delle chiome che possono essere causate da agenti atmosferici, traumi, incendi, attacchi di parassiti autoctoni e importati, mala gestione o tagli e potature deleteri.